La carriera di Silvia Massarelli è iniziata nel 1993, dopo avere studiato in alcuni prestigiosi conservatori europei. Da allora ha lavorato con ensemble di tutto il mondo. "In Italia - dice - abbiamo talenti che andrebbero aiutati a emergere, ma senza denaro è impossibile"
Silvia Massarelli è un direttore d’orchestra o meglio, con una piccola forzatura lessicale, una direttrice d’orchestra. Sì, perché la lingua italiana ancora non contempla ufficialmente una declinazione femminile per questo ruolo. Forse perché podio e bacchette sono sempre state considerate, fin dai tempi più antichi, elementi prettamente maschili. Oggi la Massarelli è una delle poche donne a dirigere un’orchestra nel nostro Paese.
Il suo è un curriculum di tutto rispetto: ha studiato al Conservatorio di musica Santa Cecilia di Roma e al Conservatoire national supérieur de musique di Parigi da cui è uscita con il massimo dei voti. La sua carriera è iniziata nel 1993 con la vittoria del “Grand prix de direction d’orchestre”, prestigioso concorso internazionale che si tiene a Besançon, in Francia. Da quel momento ha cominciato a dirigere opere e ensemble in tutto il mondo.
“Quando ho iniziato a studiare direzione d’orchestra, nella seconda metà degli anni Ottanta, nel conservatorio che frequentavo ero l’unica donna che in quel momento stava intraprendendo quel percorso di studi, e ciò rappresentava una specie di novità. Inizialmente non ci furono reazione positive da parte dei colleghi maschi, ma questo velo di diffidenza ben presto cadde”, spiega Silvia. Nel corso di questi anni, infatti, le donne che dirigono un’orchestra sono aumentate, anche se rappresentano ancora un numero irrisorio rispetto agli uomini. La prima circostanza che condiziona questo fenomeno è la “dittatura” delle grandi agenzie mondiali, che impongono sempre i soliti direttori e spesso l’intero staff, con il risultato che viene dato spazio agli stessi nomi. Questa situazione penalizza soprattutto le donne.
Un video tratto dal sito di Silvia Massarelli
“Partiamo dal presupposto che esiste una “casta” anche in questo mondo – racconta la Massarelli – e le donne sono le prime a pagarne le conseguenze, perché c’è una diffidenza di fondo a investire nel nuovo da parte delle organizzazioni musicali e delle agenzie. Le donne devono cercare di imporsi. Ma anche le agenzie dovrebbero fare di più per loro. Fino a oggi la mia grande fortuna è stata quella di incontrare persone e musicisti interessati più ai fatti che all’apparenza. Devo ammettere che essere donna ha inciso molto nella lentezza della mia carriera. Ma ora sono felice perché gli organizzatori mi chiamano per come dirigo, per la mia professionalità e la passione non “inquinate” da appartenenze varie”.
Silvia Massarelli, infatti, è riuscita a farsi strada da sola e a conquistare spazio senza far parte di quelle agenzie che controllano il “mercato” dei direttori. Il 22 ottobre è intervenuta a un convegno organizzato da Telecom, nell’ambito del “Progetto direzione donna”, per parlare di leadership femminile nelle vesti di modello di riferimento. Il 18 dicembre guiderà a Bruxelles un’orchestra giovanile, la Hulencourt Soloists Chamber Orchestra, composta da ragazze e ragazzi tra i 16 e i 25 anni, nella Cattedrale della capitale belga. A Capodanno dirigerà nuovamente l’Orchestra filarmonica di Torino e il primo febbraio 2013 la Malta Philharmonic Orchestra.
Ha tanto lavoro e non si può lamentare, ma riconosce che in Italia, per maestri che non hanno “santi in paradiso”, la situazione sia molto complicata. “Diciamo la verità: oggi la direzione d’orchestra nel nostro Paese vive un momento di imbarazzo – continua Silvia – perché ci sono direttori che non valgono nulla, ma che fanno carriere straordinarie. Alcuni alla prima esperienza vengono fatti debuttare alla Scala di Milano, senza attenzione all’etica professionale e alla gavetta. Questo succede perché ci sono direttori “importanti” che impongono i propri studenti e assistenti. In Italia poi c’è anche un problema di mentalità. Un esempio: io sono stata l’unica donna a vincere il concorso di Besançon, ma quando sono tornata in Italia ho trovato l’indifferenza più assoluta; lo stesso concorso lo vinse anni prima il giapponese Seiji Ozawa e quando tornò in patria venne accolto come un eroe, con un’orchestra pronta per lui”.
Avendo sperimentato direttamente il sistema francese, la Massarelli, che oggi è anche docente di Orchestra al Conservatorio di musica Santa Cecilia di Roma, riconosce che Oltralpe sono più avanti rispetto all’Italia, soprattutto per quel che riguarda l’attenzione dei media e delle istituzioni per la musica classica. La situazione nel nostro Paese, invece, non è delle migliori. “Negli ultimi anni, con i tagli alla cultura e la riforma dei conservatori, che io considero abominevoli, la musica classica non se la passa bene in Italia. Noi docenti facciamo salti mortali per riportare i programmi a un livello dignitoso. Ma senza soldi un’orchestra non può esistere. Il problema della mancanza di finanziamenti incide negativamente sulla cultura. Abbiamo talenti che andrebbero aiutati a emergere, ma senza denaro è impossibile”.
E a proposito di talento e spreco, la direttrice ci tiene a spezzare una lancia a favore dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, da lei diretta durante l’estate appena trascorsa Palermo. “È composta da musicisti straordinari, ma vivono un momento complicato per mancanza di fondi. Bisognerebbe investire su queste orchestre e non aspettare che affondino per costituirne altre ad personam: le orchestre fanno parte del nostro patrimonio culturale e devono essere preservate al meglio”.