Internet è veloce, il libro (di carta) è lento. Niente di male, sono belli tutti e due, ma comunque si tratta di mondi diversi. Saggi, romanzi, riviste e quotidiani hanno i loro problemi da ‘cambio di stagione’ e oggi sono in mezzo al guado: il mercato delle carta resiste, più in Europa e meno negli Usa, ma cede terreno, nemmeno troppo lentamente al digitale.

Dove però l’online sembra destinato a trionfare è in quelle opere che davvero dell’aggiornamento non possono fare a meno: dizionari ed enciclopedie. E i cui curatori – al contrario probabilmente di quanto a volte succede per riviste e quotidiani – vedono il passaggio come una liberazione dal costoso e faticoso lavoro che porta all’edizione “nuova” o “aggiornata” .

La casa editrice Macmillan, che dal 2002 sforna una delle serie di dizionari didattici per chi vuole imparare l’inglese tra le più importanti del mondo, ha deciso di pubblicare l’ultima edizione cartacea. Dal prossimo anno, infatti, la collana passerà al digitale. Non si tratta di una rinuncia, ma piuttosto di una scelta: l’online, dicono, è “ideale” per i dizionari. Spiega convinto il direttore della Macmillan, Michael Rundell: “Il formato tradizionale del libro è molto limitante per ogni tipo di dizionario. Il fatto è che il libro diventa vecchio una volta stampato, lo spazio limitato (sulla carta, ndr) non permette di raggiungere gli obiettivi di chiarezza e completezza”. E conclude: “possiamo fare molto di più per i nostri lettori attraverso il digitale”.

I motivi della conversione non sembrano troppo difficili da capire. Prendiamo il caso dell’italiano e guardiamo a quante parole sono diventate di uso comune negli ultimi anni, ad esempio “tweet”, “social media”, “feed”, “follower”, lo stesso “web”. Non a caso, queste ultime parole sono tutte provenienti dall’inglese, o quantomeno dalla sua versione globale, nel mondo e nella rete. Senza dimenticare come siamo tutti ormai abituati, nostro malgrado, allo “spread”, altro termine anglo-sassone introdotto nel linguaggio ordinario e praticamente sconosciuto fino a pochi anni fa. Come fa un dizionario di carta a stare dietro a tutte queste novità?

Oltretutto, quella di Macmillan non è una mossa isolata, ma una tendenza chiara, almeno nell’editoria anglo-sassone. All’inizio di quest’anno aveva fatto rumore la chiusura dell’edizione cartacea dell’Enciclopedia Britannica, l’equivalente della nostra Treccani (ovviamente con un respiro più globale). Cosa ha portato, dopo 244 anni di servizio, l’enciclopedia alla svolta digitale?

Pesa ovviamente la concorrenza con Wikipedia – costantemente aggiornata, anche se non sempre attendibile. Un fattore negativo rispetto ai (gratuiti) Wikipedia o Google è proprio nel costo, che si aggira intorno ai 1500 dollari per l’edizione di 32 volumi nel caso della Britannica. Ancora peggio il caso dell’enciclopedia italiana. Pur avendo lanciato tre anni fa la sua versione low cost in due volumi al prezzo di 190 euro, la versione ufficiale non è alla portata di tutti: bisogna sborsare ben 13mila euro per i 52 tomi della Grande Treccani.

Solo tre mesi fa è stata la volta dell’Oxford English Dictionary, altra pietra miliare dei repertori linguistici, articolato in circa 500 dizionari differenti. Uno dei responsabili editoriali ha annunciato come probabilmente la terza edizione non arriverà mai su carta: “Il mercato sta scomparendo, perde il 10 per cento l’anno”. Alla seconda edizione, che risaliva al 1989, stanno lavorando un’ottantina di lessicografi. Ma finora non hanno completato che una parte del lavoro.

Il Fatto Quotidiano, 10 Novembre 2012

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