Sarà un pregiudizio, ma siamo abituati più al genere russo/cafonal che sbarca dalle nostre parti. Per questo motivo mi incuriosisce la mostra del moscovita Joseph Badalov a Palazzo Ferrajoli, Roma. Mi incuriosisce ancora di più la storia di questo artista per caso, povero in canna, si fa ricco, diventando il reuccio delle acque minerali con la ‘Korolevskaya Voda’. Ricco quanto basta per potersi permettere il suo hobby, fare fotografie e, con un pizzico di buona fortuna, diventa il ‘ritrattista’ della buona società russa. 

BadalovBadalov appartiene al nuovo corso artistico/intellettuale moscovita che ha immortalato il passaggio cruciale dal comunismo al capitalismo nei suoi scatti con approccio quasi documentaristico… ‘Una generazione  divisa tra l’entusiasmo per un futuro insondabile e la nostalgia di un passato tra le icone di un nuovo corso  e reliquie del passato’.
Mi tuffo con gli occhi  nella mostra  “Sonetto CXIX”, già il titolo vuole essere un omaggio a Shakespeare, mentre leggo quello che dice di lui  lo storico d’arte Alexander Yakimovich: “Maestro del movimento e virtuoso del difetto consapevole. Badalov sperimenta con i difetti. E li fa diventare meriti, ai nostri occhi”. Però! E mi lascio ondeggiare con le figure fluttuanti di  Lacrime di sirena. Dopo la tappa romana ( fino al 15 novembre), la mostra vola a Londra e poi a New York. Niente male per un post-sovietico emergente.
Altro giro: all’Aaran Gallery di Teheran, la più avant-garde della città, una  folla variopinta di ragazze svettanti su tacchi a spillo e ragazzi in jeans cargo calati su underwear a vista, si accalcava all’inaugurazione della mostra America the Beautiful. Incantati davanti al gigantesco Zippo  collocato su un piedistallo, sotto il titolo profetico Playing with the fire ( lo leggo sulle pagine del Time Magazine del 29 ott., copertina su Reinventing India).  
Altrettanto evocativo l’altro titolo: Cultural Invasion. Mentre l’installazione di una bandiera a stelle e strisce per terra sembra proprio un invito a essere calpestata. Ben poco possono  gli ayatollah contro la contaminazione culturale che comincia con  il pirataggio delle serie televisive, da Desperate Housewives a Vampires Diaries, considerate blasfeme dalla loro religione.
La cultura persiana è infarcita da quella polverosa american/pop come mai prima d’ora. Le icone d’oltre/oceano sono diventate le icone della nuova generazione iraniana che se frega dello spauracchio nucleare. Il corrottissimo, inadeguato, inefficace governo della cricca militare di Ahmadinejad, si sforza di distogliere l’attenzione del popolo dalle proprie incapacità e ruberie, inventandosi l’orgoglio nucleare antiamericano e antisionista ma ai giovani di Teheran non gliene può fregare di meno…
Dalla Russia, al Medioriente, passando per la Cina ( altra puntata) quando l’arte unisce ciò che la politica separa. 
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