Alla presentazione del suo nuovo film Le Guetteur (Il Cecchino), una co-produzione tra Francia, Belgio e Italia, l'attore e regista risponde così ad una domanda sull'emigrazione più o meno forzata dei cineasti italiani. "Sarebbe bello fare un lavoro su quanto accaduto a livello giudiziario come ad esempio i collegamenti tra stato e mafia
E’ la presentazione al Festival di Roma del suo nuovo film Le Guetteur (Il Cecchino), una co-produzione tra Francia, Belgio e Italia, fuori concorso al Festival di Roma, a dare lo spunto a Michele Placido per parlare della situazione della produzione in Italia e del ruolo del cinema come veicolo per raccontare l’Italia recente. La domanda, infatti, sorge spontanea: chiamato in Francia dal produttore Fabio Conversi, che ha fatto da tramite, a dirigere una pellicola di genere scritta da due giovani sceneggiatori (“A livello creativo non ho fatto molto, se non girare le mie scene e dirigere gli attori secondo il mio stile”), Placido non si sente forse un regista migrante? E soprattutto: è l’assenza di stimoli e di soddisfazione in patria che spinge un regista ad accettare progetti altrove?
“Ci sono progetti in Italia che mi attirerebbero tantissimo. Storie molto affascinanti avvenute negli ultimi anni,” spiega Placido. “Penso anche solo a cosa è avvenuto a livello giudiziario, ai collegamenti tra stato e mafia dei quali non è stato raccontato praticamente nulla al cinema. Bisognerebbe tornare a parlare di queste cose. Se arrivasse l’ok da parte di qualcuno, io mi ci butterei subito. Ma in Italia c’è sempre una sorta di autocensura sia da parte degli autori che da parte di chi si occupa del cinema italiano, che peraltro viene prodotto praticamente solo dalla Rai“.
Un’idea, Placido, già ce l’ha: una pellicola sulla figura di Marcello Dell’Utri. “Se ci fosse qualche possibilità, io starei molto più volentieri a lavorare qui in Italia” continua. “Tanto per fare un nome, visto che siamo sempre timidi a riguardo, io farei un film su Marcello Dell’Utri. Gli americani lo avrebbero già fatto. Non tanto incentrato sulle sue colpe, ma anche per indagare le motivazioni per cui i giudici gli corrono dietro ormai da tempo”.
Un po’ di speranza il regista ce l’ha, ed è rivolta ovviamente alla generazione di giovani autori italiani: “Penso che si tornerà, grazie ai giovani, a entrare nel vivo di quello che è avvenuto negli ultimi anni. Hanno più fantasia, sono più incazzati. Se anche la nostra generazione fosse un po’ più stimolata, potrebbe tornare a fare film così. Ma lo sforzo deve arrivare da tutte le parti, ci sono persone di buona volontà che aspettano solo un segnale. Il governo Monti, per esempio, non ne ha ancora dati. Mi spiego: se vuoi dare dei segnali forti verso una nuova etica, anche solo per quanto riguarda la lotta all’evasione, devi farlo attraverso la cultura. Il nuovo governo potrebbe proporre di mettere in cantiere 4-5 film sulla storia civile del nostro paese degli ultimi dieci, quindici anni. Quello sì che dimostrerebbe una voglia di ricominciare, e sarebbe un vero segnale per i giovani.”
A cura di BadTaste.it – Il Nuovo Gusto del Cinema