L'esecutivo tecnico dei professori ha inserito una modifica ad hoc sulla definizione di no profit nel decreto Enti locali per favorire le realtà ecclesiastiche. Il tutto contro il parere del Consiglio di Stato e con il rischio che l'Europa multi l'Italia. Si tratterebbe di un danno di quasi tre miliardi di euro
Una modifica ad hoc sulla definizione di no profit. Obiettivo? Permettere alla Chiesa di non pagare la tassa sugli immobili relativa alle ‘attività ad uso misto’, ovvero quelle che producono utili (cliniche, alberghi, ostelli, mense, ecc). Se non è un colpo di mano poco ci manca. Il governo tecnico di Mario Monti ci sta riprovando: cambiare in corsa le regole del gioco al fine di far risparmiare il Vaticano sull’Imu. Una mossa che non piace né al Consiglio di Stato (che il 4 ottobre scorso ha bocciato il regolamento per l’Imu prodotto dal ministero dell’Economia), né probabilmente all’Europa tanto cara ai professori, che potrebbe sanzionare l’Italia per aiuti di stato illegali. Il favore alla Chiesa, inoltre, non farà bene alle casse del Paese; sia per l’immediato (il governo contava di incassare dai 300 ai 500 milioni di euro all’anno), sia nel lungo periodo, visto che se la Commissione di Bruxelles dovesse davvero multare l’Italia si tratterebbe di un danno assai vicino ai tre miliardi di euro – come riportato oggi da Repubblica – perché l’Ue punterebbe a recuperare le somme condonate sin dal 2006.
L’asso nella manica, come detto, passa da una nuova definizione del concetto di ente commerciale, che tale non sarebbe se nello statuto venisse fatta una piccola modifica entro dicembre: vietato distribuire gli utili, che al contrario devono essere investiti per scopi sociali. E qualora l’ente non profit dovesse sciogliersi, il suo patrimonio deve passare tassativamente ad un altro ente no profit. Non solo. Particolarmente interessante il pagamento dell’Imu per cliniche ed ospedali, che nulla dovranno pagare se accreditate o convenzionate con gli enti pubblici e se – si legge nel provvedimento – le loro attività si svolgono “in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico”. Come? O a titolo gratuito o dietro pagamento di rette “di importo simbolico”. Cosa si intende per simbolico non è dato saperlo, il che produce un vuoto normativo che potrebbe aprire il campo a tutta una serie di interpretazioni e, perché no, speculazioni. Per quanto riguarda convitti e scuole, inoltre, saranno esentati quelli che fanno attività paritaria rispetto alle istituzioni statali e quelli che non discriminano gli alunni, mentre non pagheranno l’imposta sugli immobili le strutture con ricettività sociale. Il concetto di pagamento simbolico che evita l’Imu, inoltre, torna anche per le attività culturali, ricreative e sportive.
Per quanto riguarda il timing della vicenda, il punto di non ritorno è la bocciatura da parte del Consiglio di Stato (4 ottobre) del regolamento del ministero dell’Economia, il cui obiettivo era aiutare a compilare entro dicembre l’autocertificazione sui metri quadrati dell’immobile di proprietà riservata alle attività commerciali. Il Consiglio di Stato, il cui parere è obbligatorio ma non vincolante, dice no al documento prodotto dal governo (per decreto, in virtù della delega concessa all’esecutivo dal Parlamento). Il motivo? Proprio l’inserimento degli ‘sconti’ relativi all’Imu poiché del tutto estranei all’ordinamento italiano. Il governo a questo punto inserisce il cavillo con la nuova definizione di no profit all’interno del decreto Enti Locali (pensato per occuparsi dei costi della politica) e lo rispedisce al Consiglio di Stato, che l’8 novembre lo esamina nuovamente. Sconti confermati, quindi.