“Diritti connessi, un ritardo pericoloso” è questo il titolo del briefing paper con il quale l’Istituto Bruno Leoni, da corpo e concretezza – con il rigore del metodo scientifico – alle preoccupazioni più volte, negli ultimi mesi, rappresentate qui ed altrove.
Il Governo dei professori, quello che ha promesso di rilanciare l’economia del Paese, tra l’altro, liberalizzando una serie di mercati resi inefficienti da ingiustificate posizioni di monopolio legali e di fatto, dopo aver annunciato e dichiarato – con il decreto liberalizzazioni – la liberalizzazione del mercato dell’intermediazione dei diritti connessi, a nove mesi dal varo del decreto, non è ancora riuscito – o non ha voluto – trasformarla in realtà.
Manca, infatti, all’appello e lo Studio dell’Istituto Bruno Leoni lo denuncia senza esitazioni, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso il quale il governo avrebbe dovuto – sin dallo scorso mese di aprile, stando al termine da esso stesso assegnatosi – stabilire le regole del nuovo mercato ed i requisiti dei quali, nuovi e vecchi operatori avrebbero dovuto disporre.
Un lungo ed assordante silenzio, squarciato, nei giorni scorsi, dalla circolazione di una bozza – alla quale fa cenno lo stesso Istituto Bruno Leoni – di decreto, forse appena trasmessa all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il mercato per il parere obbligatorio, ma non vincolante, previsto dal decreto liberalizzazioni.
Un silenzio lungo nove mesi, rotto da poche e flebili indiscrezioni, secondo le quali, peraltro, il provvedimento sarebbe lontano dal contenere le regole che sarebbe stato auspicabile contenesse.
Due questioni tra le tante: una di metodo e l’altra di merito.
Quanto al metodo è semplicemente disarmante dover registrare che al varo di un provvedimento destinato a dettare le regole di un nuovo mercato straordinariamente importante, tra l’altro, per lo sviluppo non solo economico ma anche culturale del Paese si stia procedendo con fare carbonaro tra indiscrezioni, segreti e soffiate.
La bozza del decreto avrebbe dovuto, da mesi, essere pubblicata sul sito internet del Governo e formare oggetto di cuna consultazione pubblica alla quale avrebbero dovuto essere invitati pro-attivamente a partecipare tutti gli stakeholder ed aspiranti operatori del mercato.
Non è stato così.
Il governo ha optato per il solito metodo del segreto, delle bozze ufficiose – probabilmente tante e diverse le une dalle altre – trasmesse ai soli amici ed amici degli amici, perché esprimessero un parere e ne suggerissero piccole e grandi modifiche a tutela, naturalmente, solo dei propri egoistici interessi.
Non può che essere negativo il giudizio su una scelta di metodo di questo genere.
Egualmente severo – a quanto si apprende – è destinato ad essere il giudizio sul merito del provvedimento se è vero quanto emerge dal paper dell’Istituto Bruno Leoni, secondo il quale lo schema di Decreto, conterrebbe una serie di previsioni destinate ad ostacolare i nuovi concorrenti ed a privilegiare l’Imaie, ex monopolista di fatto del mercato, sottraendolo al rispetto delle medesime regole.
Non si apre un nuovo mercato stabilendo regole più rigide per i nuovi operatori che per l’incumbent ma, al contrario, si apre, onerando l’incumbent di obblighi e limiti dai quali, viceversa, si sollevano i nuovi operatori per facilitare il loro ingresso nel mercato.
Questo, naturalmente, se l’obiettivo è garantire reale concorrenza e non già semplicemente quello di poter mettere una spunta all’elenco delle liberalizzazioni annunciate, con la garanzia, ad un tempo, di poter raccontare agli amici che possono stare tranquilli e che il loro mercato è salvo in quanto gli altri operatori non riusciranno mai – complici le nuove regole – a confrontarsi con loro ad armi pari.
Ora la palla passa al Governo, ma per davvero.
Sta ai luminari delle liberalizzazioni smentire le indiscrezioni o – se fondate – stravolgere i contenuti del decreto e fare in modo che sancisca davvero la libertà di chiunque di intermediare i diritti connessi a parità di regole e vincoli con l’ex monopolista ed alla sola condizione di garantire efficacemente i diritti degli artisti.
E’ lo stesso paper dell’Istituto Bruno Leoni a ricordare che, in altri Paesi, è bastata una sana e libera concorrenza a garantire comportamenti trasparenti e virtuosi da parte degli intermediari.
Se ne parla il 15 novembre, alle 17.30, a Roma, nello spazio Cubi Vision a margine del Festival Internazionale del film di Roma.