Non c’è da aver paura della democrazia. Il centrosinistra esce rafforzato dal dibattito in Tv fra i suoi candidati alle primarie, perché tutti e cinque hanno cercato di presentare soluzioni ai problemi, in forte contrasto con i 10 anni di comunicazione ‘vuota’ da parte del centrodestra. Il fact-checking ha dato risultati positivi: non ci hanno raccontato balle. Complimenti a Bersani (Renzi) perché, pur con i sondaggi nettamente dalla sua (loro) parte, ha accettato il confronto davanti agli elettori. Veltroni nel 2007 rifiutò, per poi trovarsi senza argomenti l’anno successivo, quando Berlusconi gli negò il dibattito in Tv.
Sull’economia, Vendola e Bersani hanno capito meglio degli altri la necessità di cambiare le strategie europee e nazionali. Vendola – “Il rigore non sia cieco” – ha avuto buon gioco nel limitarsi a criticare il modello liberista. Bersani non ha capito che in Europa bisogna battere i pugni e, per farlo, occorre usare tutti gli argomenti negoziali; “Non si rinegozia il Patto di Stabilità”: perché no? Però ha ragione su questo: “Direi alla Merkel e agli altri leader progressisti: … controlliamoci i bilanci, ma in cambio di un allentamento dell’austerità”. Teme di sfasciare l’Europa. ma dovrebbe accorgersi che “il progetto Europa sta deflagrando” (Vendola). Tabacci: “Sono il più montiano”. Anche Renzi montiano, ma per slogan e luoghi comuni: “Rinegoziare il patto di stabilità? Anche solo dirlo è un danno all’Italia”. Puppato ha fatto un po’ di filosofia: “No al Pil, sì al Bil”; bene che ci sia, ma non ha mostrato di aver messo insieme le competenze necessarie per competere in una elezione nazionale. Favorevoli a una moderata redistribuzione dei redditi (in ordine crescente): Bersani Puppato Vendola. Nessuno ha parlato della squadra economica che intende schierare.
Altro tema; i costi della politica. Tutti cercavano di dimostrare che vogliono ridurli, perciò bisogna saper leggere tra le righe. Per Renzi, i tagli dalla politica “non si misurano in miliardi” e perciò non possono risolvere i problemi, sono importanti solo come “segnali”: inadeguato. Però bene l’idea di mettere un “tetto agli stipendi nel settore pubblico”. Vendola: buona l’idea di ridurre i costi delle campagne elettorali; ma forse non sa che alcune norme ci sono già e sono disapplicate: doveva dire come applicarle e non l’ha fatto. Bersani: “superare le province”, “mettere l’occhio sulle 6.000 società miste pubblico-privato”, “dimezzare il numero dei parlamentari”: generico. Ma promette una legge applicativa dell’Art.49 Cost. (sulla democrazia nei partiti). L’idea di Tabacci di “ridurre a 1/4 i finanziamenti pubblici” è stata condivisa da tutti, in fondo anche dallo sgusciante Renzi (“ma rispettiamo il referendum”). Nel complesso, tutti i candidati hanno proposto riforme serie (province, vitalizi, ecc.) ancorché parziali.
Chi “ha vinto”? Secondo me, Bersani. Perché la crisi economica è il problema N.1., e su questo tema è il più rassicurante e al tempo stesso il più convincente. È l’unico che propone con chiarezza una svolta keynesiana (pur nei limiti stretti in cui l’Italia si deve muovere), senza però rompere con l’Europa.
In conclusione: il Pd non fa sognare (bastano 10 anni di Berlusconi?). Però fa proposte. E dimostra di essere in grado se non altro di offrire al paese una prospettiva di governo forse di qualche efficacia. E gli altri?