Dopo le denunce sul 'caso Agec', ad essere preso di mira è Roberto Bolis, il responsabile comunicazione del sindaco leghista assunto al Comune con un’indennità ad personam di 122.460 euro annui e inquilino in un appartamento comunale di circa 60 metri quadrati nel pieno centro storico della città scaligera con un canone di 339 euro al mese
Il caso dell’Agec di Verona, sollevato nei giorni scorsi dall’ex presidente Michele Croce, ha innescato una reazione a catena che sarà difficile da arrestare. Dopo gli esposti sulla mala gestione dell’azienda speciale del comune di Verona, si moltiplicano le gole profonde e fioccano le carte che documentano le condotte dei personaggi che compongono la fitta galassia tosiana. L’ultimo ad essere preso di mira è Roberto Bolis, il super portavoce del sindaco leghista Flavio Tosi. Diventato giornalista a l’Unità, ha vissuto attivamente il suo impegno politico nel Pci fino al 1990, poi l’evoluzione, l’incontro con Tosi e la folgorazione che ha prodotto il fortunato binomio tra il politico rampante e l’esperto comunicatore.
Un incontro che ha fruttato a Bolis un lauto ingaggio, già finito al centro delle polemiche. Bolis è infatti assunto dal Comune con un’indennità ad personam di 122.460 euro annui, cifra degna del migliore spin doctor. Ma non è solo questa la pietra dello scandalo. Dal 1 ottobre 2008 fino al cambio di destinazione d’uso dell’immobile, Bolis è stato inquilino Agec in un appartamento di circa 60 metri quadrati nel pieno centro storico di Verona, in vicolo Due Mori (Palazzo Forti), con un canone di 339 euro al mese. Ovviamente il grande accusatore del sistema Tosi, l’avvocato Michele Croce (ufficialmente allontanato dall’Agec per essersi ristrutturato l’ufficio in un momento poco opportuno), non si è fatto scappare l’occasione di sottolineare la circostanza, lamentando differenze di trattamento: “Se ci si è preoccupati tanto per i lavori ‘inopportuni’ dell’ ufficio del presidente dell’Agec – ha detto – perché non ci si è doppiamente scandalizzati per altre vicende? Quale sia il metro di misura non ci è dato sapere”.
Intanto la Procura scaligera ha aperto un fascicolo per fare chiarezza sulle pesanti accuse formulate alla Guardia di Finanza dall’avvocato Croce, rimosso dal suo incarico dopo soli quattro mesi di presidenza della municipalizzata che si occupa del patrimonio immobiliare del Comune, dei cimiteri e di altri servizi. Le carte consegnate ai finanzieri riguardano presunti illeciti commessi all’interno dell’Agec. Si parla ad esempio di scambio di favori con aziende amiche, che vanno dagli appalti frazionati ad arte per essere concessi in affidamento diretto, fino ai lavori eseguiti nelle abitazioni private dei dipendenti e dei dirigenti. C’è poi il filone degli immobili di pregio, concessi in affitto con criteri poco trasparenti a canoni lontani dai prezzi di mercato (rientrerebbe in questa casistica anche Roberto Bolis), fino ad arrivare in un caso ad adombrare il sospetto del peculato per l’uso improprio di beni aziendali.
Michele Croce non si è limitato a sparare il suo j’accuse dopo la defenestrazione, ma nei giorni scorsi ha anche convocato una conferenza stampa per sottolineare le responsabilità dell’amministrazione comunale guidata da Flavio Tosi che, a suo dire, sapeva tutto (per effetto di alcune comunicazioni inviate al primo cittadino tra la fine di ottobre e i primi di novembre). Una circostanza smentita da Flavio Tosi, che ha promesso querele, chiarendo di non avere nulla da nascondere. La battaglia sembra essere solo all’inizio e certamente riserverà altre sorprese, anche perché in ballo ci sono le situazioni delle altre società municipalizzate del comune di Verona che secondo i detrattori sono regolate dagli stessi principi che hanno governato Agec.
A puntare il dito contro Tosi in queste settimane è anche il vicepresidente del consiglio regionale veneto Franco Bonfante (Pd), che ha acceso i riflettori sulla sorella del sindaco di Verona, Barbara Tosi. Consigliera comunale e capogruppo leghista, due settimane fa è stata nominata nel Cda della Cassa di risparmio di San Miniato: “Ho molto rispetto per Barbara Tosi – ha dichiarato Bonfante all’indomani della nomina -, ma è evidente che si tratta di una nomina di natura politica-partitica che si inserisce perfettamente nella parentopoli veronese che ho denunciato più volte. E’ una gestione del potere che ricorda il peggiore potere doroteo, impegnato nell’occupazione sistematica di tutte le posizioni di potere. Questa degenerazione, tuttavia, non porterà bene a Tosi”. Le accuse di Bonfante, chiaramente, sono state rispedite al mittente.