La sensazione è che abbiano mollato, che dopo le centomila persone scese in piazza Syntagma giovedì notte quando tra scontri e lancio di molotov il Parlamento greco ha votato il terzo memorandum della troika, non ci sia più nulla da fare. La manifestazione paneuropea contro l’austerity porta nella piazza ateniese Klathmonos poco più di seimila persone – diecimila al massimo, dicono altre fonti – con i sindacati Gsee e Adedy che chiedono di fermare tasse e tagli, per “cambiare qui e ora, la politica senza speranza applicata sulle spalle dei cittadini, per sostituire le politiche neoliberiste e promuovere l’occupazione”.
Una mobilitazione che ha visto incrociare le braccia insegnanti, professori, giudici, trasporti e giornalisti. Piccola consolazione, in occasione delle iniziative in Austria, dove la federazione dei lavoratori ha stampato volantini dal titolo “siamo tutti greci”, distribuiti ai cittadini e ha pubblicato su internet la dichiarazione di sostegno per i lavoratori greci, spagnoli e italiani. Non è stata una location scelta a caso. Platia Klathmonos infatti, piazza delle lacrime, si deve ad una narrazione storica del 1878, “Estia” in cui si dava notizia delle lacrime versate dai quei dipendenti che, non essendo permanenti come oggi, dopo ogni elezione erano licenziati. In precedenza era stata denominata Piazza 25 marzo dal momento che il giardino della piazza divenne il simbolo della rivoluzione ellenica contro il conquistatore turco, e poi Piazza della Repubblica.
Sul fronte debito il direttore generale dell’Istituto Finanziario Internazionale (Ifi), Charles Dallara, durante il suo intervento ad un convegno organizzato proprio ad Atene dall’Unione nazionale delle Banche, ha osservato che “quello che serve alla Grecia è meno austerity e più sviluppo. In Grecia deve cambiare la dinamica dell’approccio al debito, si devono ridurre i tassi d’interesse e il settore pubblico deve assumersi anch’esso parte del costo della riduzione del debito”. Se la Grecia continua con le riforme strutturali iniziate, rileva, non c’è ragione per non credere che l’economia del Paese possa diventare una delle più competitivi in Europa. Definisce i progressi compiuti dalla Grecia in termini di risanamento dei conti pubblici “storici” e ciò grazie ai sacrifici del popolo greco, che, nonostante la stanchezza, ha dimostrato determinazione nel voler ricostruire la propria economia. Più volte viene messo in evidenza che la Grecia ha bisogno di porre maggiormente l’accento sullo sviluppo e meno sulle politiche di austerità. Il paese ha fallito e per questo chiede una proroga, rileva, per raggiungere il consolidamento fiscale. Ma questo non è sufficiente. E indica le cinque priorità attuative che dovrebbero essere seguite: maggiore gradualità fiscale, l’accelerazione degli investimenti pubblici, ulteriore liquidità per sostenere l’adeguamento e l’enfasi sulle riforme, miglioramento nella riscossione delle imposte, riforme del mercato del lavoro. E il commissario europeo agli affari economici Olli Rehn ha aggiunto che nonostante la situazione nell’Egeo sia difficile, “una decisione positiva” sulla tranche di prestiti è resta possibile dagli sforzi compiti da Atene: “La Grecia ha preso di recente decisioni difficili sulle riforme strutturali e sul bilancio del 2013, sforzi convincenti”, anche se resta sul campo una incertezza “di alto livello”.
Nelle stesse ore della mobilitazione europea spicca l’ennesima iniziativa xenofoba del partito di Alba dorata. In una scuola materna di Lefkada, alla vigilia della festa nazionale del 28 ottobre, un’insegnante ha permesso agli studenti durante la celebrazione di disegnare anche bandiere albanesi e di recitare una preghiera oltre che in lingua greca anche in albanese, per via della presenza in quella classe di numerosi scolari albanesi. Il risultato? Insegnante trasferita altrove perché considerata “fuori dal quadro pedagogico”. Infine in conclusione di giornata i dati di Elstat, con la diminuzione del 7,2% rispetto al terzo trimestre del 2011 del pil greco. Non sono numeri recessione, ma da default.
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