Domenica 11 novembre in tutto l’arcipelago nipponico si sono svolte oltre 230 manifestazioni e iniziative contro il nucleare. Sono passati 20 mesi esatti dal disastro nucleare di Fukushima. Per molti giapponesi la vita ha cambiato aspetto e significato dall’11 marzo 2011, ma non tanto e solo per i fenomeni sismici catastrofici e gli effetti inimmaginabili dello tsunami, quanto per i traumi assai più diffusi dovuti alla percezione del pericolo nucleare. Come nel caso dell’ormai antica tragedia di Hiroshima, l’incontrollabile estensione nello spazio e nel tempo delle radiazioni ha sovrastato l’immediata constatazione della distruzione di case, strutture, opere.
Nel post odierno voglio riportare la testimonianza originale inviata da Yukari Saito, una donna giapponese che da tempo cerca di far breccia nell’opinione pubblica mondiale, tenuta all’oscuro dalle autorità del suo paese. Lo fa attraverso una cultura che sostituisce la poesia all’invettiva, l’ostinazione al clamore. Ecco quanto scrive.
“Il Giappone reagisce non soltanto per l’angoscia per la contaminazione radioattiva e il rischio dell’ulteriore aggravamento delle situazioni precarie alla centrale di Fukushima Daiichi, ma anche per i comportamenti delle autorità dopo l’incidente che hanno distrutto e devastato la fiducia quasi incondizionata che molti cittadini ponevano in loro.
È insolita in Giappone una protesta così diffusa come quella di domenica scorsa e non solo concentrata nel cuore di Tokyo dove, sotto una pioggia gelida, circa 100 mila cittadini hanno circondato vari palazzi del potere a cominciare dal Parlamento e dal Palazzo del Primo Ministro. Queste mobilitazioni di piazza in oltre 200 città si aggiungono alle tantissime proteste che da più di 8 mesi si ripetono a cadenza settimanale.
Si tratta di un fenomeno notevole e del tutto nuovo nella storia del paese: i manifestanti sono cittadini comuni finora poco politicizzati, donne, uomini, bambini, giovani e meno giovani che partecipano con degli amici o con la famiglia ma anche da soli. Per spiegare questo stato d’animo così nuovo e inaspettato, cito tratti di una poesia redatta da un monaco e letta durante l’evento di Firenze 10+10, dove la scorsa settimana è nata la rete antinucleare europea.
Qualcuno dice: dimentica la pioggia che cadrà sul bambino
Qualcuno dice: dimentica il vento che respirerà il bambino
Qualcuno dice: dimentica il cibo che mangerà il bambino
Qualcuno dice: e poi dimentica la realtà di questo paese,
capace di abbandonare le persone così facilmente.
Però, Fukushima
Noi non dimentichiamo
La madre che singhiozza perché il suo latte è contaminato
Noi non dimentichiamo
il padre che si accusa perché ha esposto il figlio alle radiazioni.
Noi non dimentichiamo
la bambina che pretende di giocare fuori,
perché sappiamo che questo è il risultato del comportamento di ognuno di noi, complici delle centrali nucleari.
Ora, vogliamo iniziare chiedendo scusa:
in questa società in cui qualcuno sussurra: dimentica, dimentica.
Noi invece non dimentichiamo Fukushima!
A quanto pare, in effetti, Fukushima non ha significato molto per i politici giapponesi. Siamo dunque ancora all’inizio di una lunga strada irta e in salita: proprio per questo è importante non lasciarci soli e che anche chi abita lontano non lo dimentichi. Dal 15 al 16 dicembre a Tokyo e Koriyama si svolgerà la seconda Conferenza Globale per un Mondo Libero dal Nucleare, Nuclear Free Now!, in concomitanza con il vertice ministeriale tra il governo giapponese e l’IAEA. Questo sarà un banco di prova per l’intera società civile antinucleare, giapponese e non, per impedire alla politica mondiale ai mass media di chiudere il sipario su Fukushima”.
La rete antinucleare europea, che si è costituita a Firenze il 9 novembre, ha inviato un messaggio alla piazza di Tokyo e ha deciso per il 9 marzo una manifestazione davanti al reattore francese di Fussenheim, alla quale parteciperà anche una delegazione giapponese.