Malati di SLA in prima linea. Non ne ho parlato direttamente per il rispetto che nutro. Ho più volte ribadito che mi vergogno quando realizzo di appartenere a una nazione che permetta che ciò accada.
Ora leggo addirittura di un rischio di morte concreto paventato come strumento di reclamo avverso un sacrosanto dovuto diritto. Non riesco neanche ad informarmi a dovere. Da giorni inizio a leggere di tutto ma non arrivo mai in fondo. Per me il fondo è già nel titolo.
Siamo davvero ridotti a questo? Io non lo credo. Cosa giustifica il rischio di morire? Se chi lotta per un diritto che gli consente la sopravvivenza, poi può ottenerlo con la minaccia reale e concreta di morire?
Questa è disperazione e la condivido. Totalmente. Non oso neanche pronunciarmi su quale possa essere la condizione di vita dei malati di SLA . Sarei solo una presuntuosa ipocrita e superficiale. Mi limito a rispettare e a fornire un aiuto concreto, porta a porta, in qualsiasi modo possa giungere dal mio modesto, microscopico patrimonio di solidarietà.
Però grido che questo non dobbiamo permetterlo. Assolutamente tutti insieme dobbiamo far sì che questi diritti siano riconosciuti e basta. Con pochi secondi di immaginazione pensiamo a noi stessi al loro posto e a quanto questi diritti diventerebbero essenziali.
Non voglio addentrami nella vicenda fin troppo nota. Vorrei solo che il mio no potesse raggiungere chi decide. Affinché un barlume di decenza elimini definitivamente anche il solo ipotizzare di dover ricorrere a simili azioni.
Spero di leggere presto che ogni singolo malato grave e non solo di SLA possa fruire del massimo supporto per il proseguo di una vita quanto più possibile dignitosa. Il malato, e chi impotente assiste questo malato. Un pensiero al malato e alla cerchia di affetti che lo avvolgono, quando si ha la fortuna di averne.