Il consigliere comunale di Bologna spiega la presenza in tv: "Dobbiamo far conoscere il nostro lavoro, Grillo è il megafono, poi ci siamo noi". Fischiato chi voleva le dimissioni. Dietrofront dei colleghi che l'avevano allontanata: "Divergenze personali". Ma il leader attacca: "I pennivendoli s'inventano un metodo di voto che formalmente non esiste"
Alla fine Federica Salsi supera il test più difficile, quello del confronto con gli attivisti del Movimento 5 stelle bolognese. Nel corso dell’assemblea semestrale di verifica dell’attività degli eletti, da molti letta come il momento della resa dei conti, arriva un’unica richiesta di dimissioni, che però cade nel vuoto, ricevendo più fischi che applausi. E quando lei prende la parola, ribadendo la sue ragioni, quasi l’intera sala batte le mani: “Sono andata a Ballarò perché credo sia importante far conoscere il lavoro collegiale del Movimento: da una parte c’è Grillo che ha il ruolo del megafono, e dall’altra parte ci siamo noi che lavoriamo nelle istituzioni”
Così, dopo la bordata di Beppe Grillo arrivata con il post del punto G, le accuse di sessimo e i litigi interni, nel Movimento 5 stelle emiliano si cercano di ricomporre le fratture. Di diluire quei dissapori emersi sotto gli occhi di tutti lunedì scorso in consiglio comunale, quando i compagni di gruppo di Salsi, Massimo Bugani e Marco Piazza, si sono alzati per andarsi a sedere lontano dalla collega. Forse anche con la consapevolezza che una spaccatura totale, in vista delle elezioni nazionali, potrebbe indebolirli e vanificare i successi incassati fino ad oggi.
“Ci sono stati dei problemi, alcune cose che ci hanno mandato in crisi, ma credo che si possa iniziare un percorso di riconciliazione” dice Bugani al termine della serata. Nei giorni scorsi, l’ex candidato sindaco di Bologna non aveva escluso un passo indietro, dicendosi disponibile a lasciare il suo posto in Comune. “Stasera ho visto un bel clima, non ho ricevuto particolari critiche al mio operato, quindi sono contento”. Ora però “spero che vangano abbandonati certi discorsi su sette e infiltrati”.
L’incontro, organizzato al circolo Mazzini di Bologna, era atteso da molti all’interno del Movimento non solo come momento per fare il punto sulle attività amministrative, ma anche come occasione per discutere delle ultime spaccature e dei diktat arrivati dal capo. Alcuni, nei giorni scorsi, avevano detto chiaramente di voler sfruttare la riunione per chiedere la testa del consigliere ribelle. In realtà, la maggior parte del dibattito viene dedicata all’esposizione del lavoro a Palazzo d’Accursio. La “questione Salsi” irrompe solo dopo un’ora abbondante, quando uno tra i 150 militanti presenti in sala, si alza in piedi, mettendo il consigliere alle strette: “A questo punto sarebbe meglio che lasci il posto”. Il suo appello, è l’unico dai toni duri, cade nel vuoto, e riceve molti fischi e pochi applausi. Più apprezzata la linea di un attivista siciliano, che chiede d’intervenire: “Sono d’accordo con Grillo quando parla dei talk show, ma ritengo Salsi una persona molto valida e la rispetto”.
L’argomento viene poi accantonato per essere ripreso dai giornalisti solo a margine dell’incontro. E con loro Salsi, che durante l’intero incontro scambia pochissime parole con i colleghi, non nasconde le difficoltà nei rapporti. “I dissapori sul piano personale rimangono, ma dobbiamo risolverli tra noi, confrontandoci – ha detto il consigliere, letteralmente assediata dai giornalisti – Non devono interferire con il nostro lavoro di eletti”. Presenti all’assemblea decine di giornalisti di stampa e tv, che a fine serata diventano bersaglio di attivisti: “Vergogna, vi occupate solo di gossip” è l’accusa partita da alcuni militanti.
E mentre Salsi incassava la fiducia a Bologna, a 30 chilometri di distanza, a Ferrara, anche il consigliere regionale dell’Emilia Romagna, Giovanni Favia, si sottoponeva al giudizio degli attivisti come aveva già fatto a Piacenza, rimettendo il mandato nelle mani dei militanti. Un’incontro in cui è stato inevitabile non parlare dell’apertura nei confronti dell’Idv. Poche ore prima, via Facebook, Favia aveva teso la mano al partito di Di Pietro, annunciando di aver trovato nel parlamentare Francesco Barbato un alleato a Montecitorio. “In trepidante attesa dei nostri parlamentari, avendo bisogno di una sponda a Roma per alcune nostre interrogazioni, ho raccolto la disponibilità di Barbato a presentarle in Parlamento”. Favia però, discutendo anche con i suoi, è tornato indietro e non ci sarà nessuna iniziativa con Barbato. “E’ stata male interpretata”, ha detto. “E comunque non era problema di alleanze, ma piuttosto una questione tecnica”.
La replica di Grillo: “Non siamo all’asilo”. La risposta del leader 5 Stelle sul suo blog non si è fatta attendere: “I giornalisti insistono con la fiducia a questo o a quell’altro esponente del M5S data con l’applausometro o con il voto per alzata di mano di poche decine di persone la cui l’iscrizione al M5S non viene certificata formalmente”.
L’intervento del leader è aspro, ma riconduce ad un aspetto formale che le “votazioni” di ieri sera avrebbero saltato a pié pari: “I ragazzi del M5S da sempre si riuniscono per discutere con i loro portavoce, ma la fiducia va gestita in modo formale. Non siamo all’asilo Mariuccia, cari pennivendoli“.
Infine la citazione dal non statuto per richiamare all’ordine di fronte al caso e alla rottura in due tronconi del Movimento 5 Stelle tra “eretici” e fedeli alla linea: “R come Remissione del mandato il consigliere, il sindaco o il parlamentare non ha alcun obbligo di rimettere il mandato periodicamente (ad esempio ogni sei mesi). Nel caso questo avvenisse deve essere preceduto da un’informazione pubblica e dettagliata del suo operato sul portale del M5S con una votazione estesa a tutti gli iscritti del Comune e della Regione di rifermento, o dell’intero corpo elettorale in caso del Parlamento“.