Di fronte a questi semplici numeri è credibile la politica del governo e dell’Europa di pretendere di abbassare i livelli di debito attraverso misure economiche di austerità? No, non lo è, e infatti un’istituzione finanziaria storicamente vicina al Tesoro italiano come Citibank scommette su una richiesta italiana di aiuti finanziari all’Europa entro il 2013. Il governo in carica, pro tempore, nega che questa eventualità si possa realizzare e pronostica per il prossimo anno una caduta del Pil di appena lo 0,5 per cento con una ripresa che “dovrebbe iniziare a farsi sentire” nel secondo semestre. Monti non indica in quali e quanti settori si manifesterà la ripresa per evitare di essere smentito dagli studi di categoria che prevedono numeri ben più pesanti di quelli inseriti nella legge di Stabilità.
È opportuno ricordare che all’inizio del 2012 i ministri professori avevano pronosticato una crescita zero nel corso dell’anno, salvo poi rivedere le previsioni a un -2,4 per cento. Ma nessuno vuole dire la verità: le politiche restrittive di risanamento dei conti pubblici producono crescita economica in Paesi a cambio variabile, le diminuzioni dei consumi interni provocate dall’austerità del bilancio pubblico sono generalmente compensate da una svalutazione del cambio che produce un aumento istantaneo delle esportazioni.
La storia della lira è costellata di politiche espansive e restrittive che trovavano il loro contrappeso in stabilità e oscillazioni valutarie, l’euro impedisce questa elasticità e condanna i produttori nazionali a competere con la stessa moneta delle imprese tedesche e con i costi e il controllo valutario cinesi.
L’aumento del debito pubblico italiano è un dato incontrovertibile che mette in discussione tutta la politica economica fin qui realizzata dal governo e la sua stessa credibilità internazionale. Un governo credibile difende gli interessi della propria nazione, non si piega ai voleri di un assurdo percorso di pareggio di bilancio perseguito con pochi tagli e molte tasse. L’aumentare del debito, la crescita della disoccupazione e la diminuzione dell’attività industriale nel paese sono la strada che porterà l’Italia al commissariamento europeo, con le nostre Finanziarie che saranno scritte dal Bundestag e non dalla Camera dei deputati.
Il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, è l’unico che ha denunciato pubblicamente questo pericolo giungendo a chiedere “la rottamazione dell’agenda Monti” e la “revisione del vincolo del pareggio di bilancio”, ma è una voce isolata in un sistema politico senza idea che ha rinunciato a governare il Paese affidandolo a dei tecnici scelti e proni alle volontà di Berlino.
Ogni giorno che passa, il nostro debito aumenta di 217 milioni, ogni giorno di governo Monti la nostra economia arretra in termini assoluti e in termini di competitività, mentre la pressione fiscale tocca i record storici. Il fallimento della politica di Monti è il fallimento dell’establishment europeo che pretenderebbe di governare senza democrazia, senza manifestazioni e probabilmente ignorando il voto popolare.
In Grecia come in Spagna e in Italia crescono partiti politici che vengono dal nulla ed aumentano le spinte centrifughe indipendentiste. Il debito preme sulle nazioni e sulla gente comune spingendola cercare alternative fuori dai paradigmi fino a ora seguiti. Il debito trasforma la crisi finanziaria in crisi sociale, nella storia questo è stato sempre il preludio per i default.
Il Fatto Quotidiano, 15 novembre 2012