La spending review, come è noto, ha indicato le voci della spesa pubblica sulle quali si doveva risparmiare: erano esclusi i soli costi della politica (le feste del sig. Fiorito e dei suoi amici; i viaggi del sig. Formigoni; etc.). La spesa pubblica, non ci stancheremo di dirlo, paga i servizi che lo stato offre ai cittadini, servizi che quasi sempre corrispondono a diritti sanciti dalla legge. Risparmiare sulla spesa pubblica significa in genere sottrarre un diritto a qualcuno, necessità dolorosa ma forse giustificata dal rischio del tracollo dello stato.
Tra le voci da tagliare c’erano scuola e ricerca, per quasi 600 milioni di euro in tre anni: di qui le maldestre ipotesi di aumento dell’orario dei docenti, riduzione delle ferie e quant’altro. Come prevedibile la scuola si è compattamente ribellata: i docenti si oppongono ad una vessazione di dubbia utilità e gli studenti difendono il loro diritto ad una istruzione decorosa, peraltro già tartassata. Non conosco i problemi della scuola abbastanza per parlarne pubblicamente: altri sono più qualificati di me a spiegare i danni che la manovra avrebbe causato. Ma su un punto non possono esserci dubbi: un taglio di 600 milioni fa danni.
Poiché la manovra economica non poteva essere vanificata, i soldi da qualche parte dovevano essere risparmiati: dove tagliare? Monti e i suoi ministri sono accademici e conoscono bene i loro polli: hanno tagliato varie spese e tra queste 20 milioni l’anno per tre anni sul finanziamento pubblico della ricerca, fondi cosiddetti PRIN e FIRB. E’ un gioco che in Italia funziona sempre. Il pubblico in fondo non capisce la ricerca e disprezza la cultura: Grande Fratello batte Superquark per dieci a zero. Gli addetti alla ricerca che dovrebbero protestare sono divisi: la metà di loro si è fatta abbagliare dalla retorica di una malintesa meritocrazia e quindi ritiene che ottenere un finanziamento sia una prova del proprio valore scientifico e non ottenerlo sia una vergogna. Consegue che pochi scienziati italiani hanno il coraggio di protestare per il taglio dei finanziamenti: chi lo facesse ammetterebbe di non essere il più bravo di tutti, quello la cui ricerca ottiene sempre il finanziamento perché è eccellente e supera qualunque prova.
Non scrivo questo post per invitare i miei colleghi a ribellarsi, a scioperare, a opporsi: li conosco bene quanto Monti e so che Monti ha ragione. Lo scrivo per i colleghi dell’ANVUR: amici, vi hanno fregato. Vi hanno reso attori di una pantomima nella quale si valuta il merito per premiarlo con un taglio di 60 milioni di euro. Fate vedere che avete una spina dorsale: dimettetevi in blocco. Rifiutate questo gioco: voi non potete non sapere che il taglio punirà scienziati di valore, che voi vi apprestate a promuovere. I soldi ce li leveranno lo stesso ma almeno avrete rifiutato di farvi usare perché la meritocrazia che voi applicate è uno specchietto e noi (inclusi voi) siamo le allodole; Monti è il cacciatore.