Una telefonata (per fortuna) mi distrae. Continuo a camminare. Ancora. Giro l’angolo, da lontano intravedo la mia macchina. C’è. E già questo è importante. Mi sembra intatta, altro dato da non sottovalutare (un paio di volte l’ho ritrovata divelta). Ops… no!!! Ho un foglietto incastrato tra il tergicristallo e il parabrezza, in quella posizione può significare solo due cose: una pubblicità o una multa. Mi avvicino. Cavolo, ha più le sembianze della contravvenzione. Subito la lancetta dell’umore inizia a oscillare tra lo sconforto e l’incazzatura: è parcheggiata bene, sulle strisce bianche. A due metri leggo: “Verbale di contestazione” e subito la cifra: 170 euro. Cosa?!?! Ma sono impazziti?! Respiro. Un brandello di lucidità mi fa ragionare: la cifra è spropositata, senza senso. Qualcosa non torna. Calma. Rileggo. In fondo la soluzione: è una pubblicità della Lancia dedicata alla Ypsilon (allego volantino). Bene. L’oscillazione sconforto-incazzatura si tramuta solo in incazzatura.
Penso. La pubblicità funziona se ti offrono associazioni forti, magari provocatorie, comunque positive. Piacevoli. Ironiche. Che possono disturbare, possono far discutere. Possono essere opinabili. Qui non c’è niente di tutto questo. Un dubbio: ma allora Marchionne vuole chiudere realmente la Lancia! Perché se questa è la sua strategia comunicativa…