Cinema

Festival di Roma: James Franco tra cinema e arte

“Per il suo talento straordinario e mai banale, per aver arricchito il cinema degli ultimi dieci anni, interpretando ruoli diversissimi ed intensi. Il premio Cubovision va a James Franco, promessa mantenuta e mai delusa del cinema mondiale.” Queste le parole con cui Marco Müller ha consegnato venerdì il premio Cubovision nelle mani del giovane attore e regista hollywoodiano.

Lusingato dalla folla accorsa ad applaudirlo, Franco si è concesso una lunga chiacchierata con il pubblico, incentrata sui confini tra il cinema e l’arte. Da tempo si è ormai rivelato talento poliedrico, trascendendo il mestiere d’attore per calarsi in molteplici ruoli non strettamente cinematografici: artista lui stesso, curatore, performer, soggetto di opere d’arte (il tableau vivant di Cindy Sherman), amico di artisti di fama mondiale come Marina Abramovic, da lui intervistata per il Wall Street Journal. Il fascinoso attore è a Roma non solo per ritirare il riconoscimento a lui assegnato da Cubovision,  ma anche per partecipare alle riprese dell’ultimo film di Paul Haggis, The Third Person, e presentare nell’ambito del Festival del Cinema di Roma i suoi cortometraggi “Dreams” e “Tar”, frutto della collaborazione con i suoi studenti.

“A diciott’anni, volevo fare la scuola d’arte,” ha raccontato. “I miei genitori erano contrari, nonostante si fossero conosciuti proprio durante una lezione di arte a Stanford. Mio padre voleva che studiassi matematica, avendo lui stesso rinunciato alla pittura per dedicarsi alle telecomunicazioni. Raggiungemmo un compromesso e mi iscrissi all’università per studiare letteratura inglese a Los Angeles, la città del cinema. Dopo un anno, lasciai l’università per fare la scuola di recitazione; ovviamente, la mia famiglia non mi supportava più e quindi dovevo contemporaneamente studiare recitazione e lavorare da McDonald’s. Finalmente, fui scelto per una pubblicità di Pizza Hut, e da lì iniziò la mia carriera d’attore. Presto ho iniziato a guadagnarmi da vivere recitando. In seguito al mio successo, ho preso la decisione di seguire attivamente tutti i miei interessi. Ho recitato con registi e colleghi straordinari, e posso dire che la recitazione è il mio mestiere, ciò che faccio di giorno, mentre tutto il resto fa parte del mio privato, del mio cuore.”

Franco ha poi spiegato come è nato Rebel, opera d’arte da lui esposta al MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles: “Agli esordi della mia carriera, recitai il ruolo di James Dean per un biopic, ottimo ma piuttosto tradizionale. Nel corso degli anni, l’interesse per questa figura non mi ha mai abbandonato, così come non mi ha abbandonato la passione per Gioventù Bruciata di Nicholas Ray, un’autentica pietra miliare nella storia di Hollywood, un’opera che dice tanto sul senso del cinema. Sapevo di voler fare qualcosa su Gioventù Bruciata, ma non avevo ben chiaro cosa. Artisti come Douglas Gordon e Paul McCarthy mi hanno spiegato questo: il cinema e la televisione sono una parte integrante del nostro quotidiano. Un tempo, un poeta come William Wordsworth sarebbe uscito di casa per contemplare la natura: ciò che noi oggi vediamo proviene, in gran parte, dalla tv o da internet. La nostra materia prima, come artisti, è cambiata. Con questo spirito, ho preso Gioventù Bruciata per tramutarlo in qualcos’altro, rendendolo un materiale grezzo da riplasmare, come già fatto da Douglas Gordon con Psycho di Alfred Hitchcock in 24 hour Psycho. Ho creato una nuova opera, prendendo pezzi dall’originale per farli fiorire con un nuovo significato.”

Ovunque si rechi, Festival del Cinema di Venezia o di Roma, James Franco riesce sempre a catalizzare su di sé l’attenzione di pubblico e stampa. Stupire l’ingegno multiforme da lui dimostrato nello gettarsi, di volta in volta, in progetti sempre meno commerciali e diversi rispetto al suo luminoso percorso di attore hollywoodiano. E chissà che nel futuro non raggiunga vette artistiche elevate al pari dei colleghi da lui tanto ammirati durante questo incontro. Intanto, lo rivedremo nel 2013 in un progetto cinematografico molto più mainstream: Il Grande e Potente Oz di Sam Raimi, prodotto dalla Disney.