Il presidente della Ferrari apre la convention del "Manifesto verso la Terza Repubblica": "Mai più vergognarsi, mai più umiliazioni per l'Italia. Nessuna maledizione ci condanna al declino". E il capo del governo applaude: "Se la società civile si attiva per riavvicinare i cittadini alla cosa pubblica non posso che a favore"
“Non accetteremo più umiliazioni per l’Italia a livello internazionale, mai più dovremo provare vergogna. Mai più firmeremo una delega in bianco alla politica”. Luca Cordero di Montezemolo lancia così, in aperta polemica con il mondo politico, e in particolare con le ultime stagioni del centrodestra, la convention dei sottoscrittori del Manifesto verso la Terza Repubblica negli studios romani di via Tiburtina, gremitissimi. “Siamo qui – spiega il presidente della Ferrari – perché vogliamo che inizi finalmente un capitolo nuovo della nostra vita civile e democratica, che metta al centro questa Italia, l’Italia che rema. Dobbiamo aprire la strada verso la terza Repubblica”. Quello che viene presentato oggi, dice, è un movimento civico. “Siamo qui – insiste – perché siamo convinti che nessuna maledizione condanni l’Italia al declino e alla rassegnazione. Dobbiamo avere speranza nel futuro del nostro paese”. Lavoro, impresa, cultura, giovani e donne “sono i pilastri su cui si deve ricostruire l’Italia”. Ma nella definitiva discesa in campo dell’ex presidente della Fiat e di Confindustria si legge un vero e proprio passo avanti nella costruzione di un polo che sostenga in maniera più forte di oggi la prospettiva di un secondo governo Monti, questa volta non tecnico ma politico.
I messaggi a distanza con Monti
A petto di questo c’è la dichiarazione, peraltro in contemporanea perfetta, del presidente del Consiglio Mario Monti, che sembra avere evidentemente il physique du role dell’Italia “che rema” e tutto il resto. “Il fatto che gruppi numerosi della società civile si stiano attivando per riavvicinare i cittadini alla cosa pubblica – spiega il capo del governo – è una cosa che non può che essere vista con favore”. Poi la consueta frenata: pur esprimendo il suo “favore” Monti ha sottolineato di non dare personalmente “nessun impegno”.
E in effetti lo stesso Montezemolo precisa subito: “Non chiediamo al premier di prendere oggi la leadership di questo movimento politico. Ciò pregiudicherebbe il suo lavoro e davvero non ce lo possiamo permettere. Ci proponiamo di dare fondamento democratico ed elettorale al discorso iniziato dal suo governo perché possa proseguire”. D’altronde Italiafutura “pensa alle proposte, non ai leader”. Di certo non sarà lui a impegnarsi in prima persona: “La leadership di questo movimento è rappresentata da tutti noi. Da coloro che ne fanno parte oggi e da coloro che arriveranno domani. Da una classe dirigente ampia, credibile e proveniente da esperienze diverse. Questa dimensione di squadra è l’unica che ho praticato nella mia vita professionale e che riconosco come vincente”. “Non mi candido e non chiedo nulla per me” dichiara.
Le spinte di Fini e Casini
A queste comunicazioni a distanza si aggiungono le uscite “preparatorie”, per così dire, che in mattinata avevano visto protagonisti Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini. Come un anno fa, dice il leader dell’Udc “oggi deve essere ancora la politica dopo le elezioni, col suffragio degli elettori, a richiamare Monti” per continuare a governare, perché non c’è “alternativa alla sua affidabilità e credibilità. ”Noi lavoriamo – ha aggiunto – perché alle prossime elezioni politiche Monti sia richiamato in servizio permanente ed effettivo dalla politica stessa e sia investito dalla gente della possibilità di continuare a lavorare”. Casini ha detto che Monti “non è un uomo della provvidenza guidato dallo spirito santo, farà gli errori che fanno tutti” e tuttavia “ha un grado di riconoscibilità, credibilità e affidabilità esterna” che non hanno altri aspiranti presidenti del Consiglio.
Fini, dal canto suo, auspica “un governo politico che si chiama Monti proprio per fare in modo che la sua azione iniziata non venga archiviata, ma anzi arricchita da ulteriori iniziative soprattutto per far ripartire l’economia. Più chiaro di così?”. “Dalle elezioni – chiarisce – deve nascere un governo politico, perché i tecnici sono sempre una pagina straordinaria, eccezionale, non possono essere l’ordinaria gestione di una democrazia”. Ma Fini va oltre: “Se al fatto che molte delle proposte sono sostanzialmente le medesime, si aggiunge anche il fatto che c’è convergenza nel ritenere che il futuro governo debba essere un governo politico ma con un presidente del Consiglio che si chiama Mario Monti, è evidente che ci sono già dei presupposti per un dialogo”. Il presidente della Camera, insomma, apre a una comunione d’intenti con il movimento di Montezemolo nel caso di una posizione comune sulla necessità di un governo Monti bis per la prossima legislatura.
Montezemolo: “Patrimoniale sì, ma sullo Stato. Ma chi evade è un ladro”
Prima dichiarazione programmatica del Manifesto per la Terza repubblica: snellire, da subito, i costi dello Stato. “L’unica patrimoniale che dobbiamo introdurre è quella sullo Stato” ha detto Montezemolo. Si tratta di una misura che “non è solo una misura giusta nei confronti degli italiani ai quali si chiedono rinunce senza fine ma serve a aumentare concorrenza e liberare energie per la crescita”. Ma basta con le tasse. “Per nessuna ragione la pressione fiscale potrà andare oltre i valori odierni che sono già intollerabili. Le tasse sono in generale a livelli insostenibili, ma quelle sul lavoro e sulla produzione sono davvero fuori da qualsiasi parametro di civiltà. Nessun altro Paese ha così ostinatamente cercato di allontanare l’attività privata da ciò che crea sviluppo ed occupazione. E’ stato un suicidio incomprensibile”. “Come possiamo pensare – continua – di poter crescere quando la tassazione sulle imprese è superiore al 60 per cento e il cuneo è a livelli record? La crescita non la porta la cicogna. Il più grande patrimonio di ogni imprenditore sono gli uomini e le donne che lavorano nelle imprese. Si taglino tutti gli incentivi a fronte dell’abbattimento dell’Irap”. “I contribuenti onesti che pagano le tasse si domandano dove vanno a finire i soldi delle nostre tasse. Per questo riteniamo indispensabile rendere più incisivo il processo di spending review” insiste Montezemolo, sottolineando però che “dobbiamo affermare il principio che chi occulta il proprio reddito ed evade è un ladro esattamente come chi sperpera i soldi pubblici”.
Il fronte dell’antipolitica: “Vent’anni di retorica hanno prodotto la paralisi”
Ma, come detto, quella di Montezemolo è un continuo riferimento agli ultimi vent’anni, nei quali protagonista assoluto è stato Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio per quasi metà di quel tempo: “Mai più accetteremo di vedere l’Italia derisa e disonorata. Mai più proveremo l’umiliazione di essere commissariati o di essere l’anello debole in Europa e nel mondo e mai più quindi firmeremo deleghe in bianco alla classe politica”. Di più: “Sostituiamo la retorica dei ristoranti pieni con quella dei brevetti registrati, dei monumenti restaurati o dei libri letti”.
“La credibilità dei politici italiani – aggiunge Montezemolo – è ai minimi storici. Vent’anni di retorica di destra e di sinistra non hanno prodotto progresso, ma paralisi e declino. Essere fermi significa andare indietro e non decidere, non fare le riforme, vuol dire rimanere indietro rispetto agli altri”. In sostanza non esistono alternative alla creazione di un ampio fronte di forze civiche, associative e politiche, “che dovrà opporsi a due spinte ugualmente deleterie sottraendo gli italiani ad un’alternativa nefasta” e cioè da una parte la vecchia politica e dall’altra “chi ritiene che tutto vada distrutto prima di ricostruire”. Questa seconda alternativa è addirittura peggiore della prima, spiega, anche perché “non c’è più niente da distruggere in questo Paese. Dalla seconda Repubblica ereditiamo solo macerie”.
“Le elezioni del 2013 importanti come quelle del 1948”
Da qui “le elezioni del 2013 saranno l’appuntamento più importante per questo Paese da quelle del ’48 – secondo Montezemolo – Nessuno potrà chiamarsi fuori. Voltare pagina si può. Nessuna maledizione ci condanna se non saremo noi stesso a volerlo. Mettiamoci al lavoro, mettiamoci insieme, lavoriamo e crediamo nel futuro”. “Le porte di questo movimento sono aperte, anzi spalancate, per tutte quelle persone, associazioni, liste civiche, movimenti politici che condividono i nostri valori e le nostre idee. Rispettiamo i percorsi di cambiamento in atto all’interno dei partiti e se saranno reali dovremo lavorare insieme. Ricostruire il paese non è un compito da affrontare in splendida solitudine e tutti dovrebbero esserne consci”. L’avvertimento è invece contro i Gattopardi: “Non chiediamo pubbliche gogne o altre pratiche che detestiamo, ma, lo dico con chiarezza, non potremo neanche accettare gattopardismi. Che tutti cambi perché nulla cambi”.
Boom di presenze alla convention. Con Riccardi e Bonanni anche Nesi, Tinagli e Dellai
Dalle 1600 presenze previste, sono stati fatti oltre 6.500 accrediti, costringendo gli organizzatori della convention ad aggiungere un’altra sala. Assalto di fotografi allo stesso Montezemolo, che prima di dare il via alla manifestazione si è riunito con Raffaele Bonanni e il ministro Andrea Riccardi. Per rispettare la natura della convention, non c’è nessun politico seduto in prima fila, fatta eccezione per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo, unico rappresentante dell’esecutivo alla manifestazione, oltre al promotore Riccardi. La prima fila è riservata invece agli oratori, tra i quali Edoardo Nesi e Irene Tinagli, che siedono accanto a Riccardi, Montezemolo, Andrea Olivero, Lorenzo Dellai e Alberto Bombassei.
“Non è più tempo di risposte semplici a domande complicate, se mai lo è stato” aveva detto lo scrittore Edoardo Nesi aprendo i lavori. Risposte semplici come “quella assurda dei dazi”. E per spiegare questa assurdità, Nesi si appella “a due dei maggiori economisti italiani”. Parte quindi il video che ripropone una scena tra le più conosciute del cinema brillante italiano, “Non ci resta che piangere”. La scena è quella in cui i giovani Massimo Troisi e Roberto Benigni si trovano a che fare con il doganiere che, ad ogni loro obiezione circa il passaggio della frontiera, risponde: “Un fiorino!”, noncurante delle ragioni dei viandanti. “Il nostro mondo è diventato complicato – aggiunge Nesi – ma non può essere cambiato tornando al passato”.