E’ stata la giornata più sanguinosa da quando Israele ha iniziato l’offensiva alla Striscia di Gaza. Le vittime contate oggi sono state 23. Ma è stato soprattutto il giorno della strage dei bambini: ne sono rimasti uccisi 10. Il totale dei morti palestinesi da mercoledì è salito a oltre 70, con almeno 650 feriti in 5 giorni. Sul fronte opposto le vittime israeliane sono state 3 e oltre 50 feriti, secondo quanto riferito da un portavoce di “Magen David Adom”, l’equivalente israeliano di Croce e Mezzaluna Rossa. Tra i feriti 10 sono soldati ed uno di loro è grave. Finora oltre 1000 razzi sono stati sparati da Gaza. Di questi 544 hanno colpito il suolo israeliano e 302 sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome, finanziato dagli Usa, che entra in azione solo contro gli ordigni che stima siano diretti contro aree popolate o impianti industriali. L’aeronautica israeliana ha reso noto di aver colpito finora 1.132 obiettivi nell’enclave costiera.
Netanyahu: “Pronti a estendere le operazioni”
Ma il peggio potrebbe ancora venire. “Siamo pronti a estendere le operazioni in maniera significativa” ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo un colloquio con il presidente egiziano Morsi. Parole che chiudono nettamente a ogni ipotesi di tregua tra Israele e Palestina sulla Striscia di Gaza. Di “tregua possibile tra oggi e domani” aveva parlato questa mattina un alto responsabile palestinese all’agenzia France Presse. Ed è trapelata la notizia dell’incontro al Cairo tra il segretario generale della Lega araba Nabil el Araby e il premier turco Erdogan. Anche un emissario israeliano è arrivato nella capitale egiziana, dove domani arriverà anche il segretario dell’Onu Ban Ki Moon. Intanto la Francia interviene con il ministro degli Esteri Laurent Fabius: “La guerra non è un’opzione né mai una soluzione”. Bisogna intervenire “urgentemente” per ottenere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ha detto ancora il capo della diplomazia francese. “La guerra non è un’opzione. E non è mai una soluzione. Le parole chiave sono due: urgenza e cessate il fuoco”, ha detto Fabius.
Ma le parole di Netanyahu hanno certificato che i venti di guerra non accennano a placarsi: “Stiamo infliggendo a Hamas un duro prezzo. ‘Zahal’ ha colpito 1.000 obiettivi terroristici, e continua in questi momenti nelle proprie attività. Siamo pronti per estendere le operazioni in maniera significativa”. E ieri gli Stati Uniti hanno sostenuto la linea del premier: “La causa scatenante della reazione israeliana sono i razzi di Hamas“, ha dichiarato la Casa Bianca in una nota. Il presidente Barack Obama ha detto che nelle prossime 36-48 ore saprà se c’è la possibilità di fare progressi nella risoluzione della crisi a Gaza. L’inquilino della Casa Bianca, in visita in Thailandia, ha aggiunto di aver detto ai leader della regione che il prolungamento delle violenze a Gaza rendono più difficile il processo di pace: “Riconosciamo il diritto di Israele alla difesa. Ma è utile che la crisi si concluda senza alcuna escalation”, ha detto Obama. Il presidente israeliano Simon Peres, però, non ammorbidisce la posizione del suo Paese: “Il nostro obiettivo è la pace, il loro è distruggere Israele. Noi facciamo molta attenzione a non colpire i civili, mentre loro si concentrano proprio nel colpire i civili. L’azione intrapresa da Israele non costituisce una escalation, si tratta di legittima difesa”.
Preoccupazione per la crisi di Gaza arriva anche dalla Farnesina: “Non si deve ripetere una situazione come quella di quattro anni fa e ancora di questi giorni che può far rischiare un’operazione di terra”, dice il ministro degli Esteri Giulio Terzi. “L’Italia – ha detto ancora il ministro – sta svolgendo un’azione diplomatica a tutto campo ed è essenziale spegnere subito l’incendio e dare a entrambe le parti delle garazie specifiche sul fatto che questi lanci di missili che sono al’origine di questa crisi non si ripeteranno”. Poi un invito all’Europa: “La Ue deve far sentire la sua voce”.
La tragedia dei 10 bambini: “E’ la strage degli innocenti”
L’inferno di dolore e morte che incombe su Gaza si riflette nelle macerie di una palazzina sotto le quali è rimasta sepolta oggi un’intera famiglia. I raid israeliani entrano nel quinto giorno e per la gente di Gaza è “il giorno della strage degli innocenti”: 10 bambini vittime dei raid in poche ore, malgrado il coprifuoco autoimposto d’una popolazione che nella Striscia – fazzoletto di terra fra i più giovani e densamente popolati al mondo – non trova ormai altra scelta se non barricarsi in casa.
L’aviazione d’Israele sostiene di agire per quanto possibile in maniera “chirurgica”. Ma le vittime civili sono già decine. E oggi, come detto, è stata la giornata più sanguinosa dall’inizio dell’offensiva: nel solo rione Nasser, di Gaza City, una famiglia di 11 persone (6 bambini, quattro donne e un anziano), gli Aldalu, ha trovato la morte sotto le rovine della palazzina in cui abitava, centrata da un missile. Altri quattro piccoli erano diventati vittime “collaterali” dei bombardamenti nelle ore precedenti: due nel nord della Striscia, una nel campo profughi di al-Shati (Tasneem, 9 anni, uccisa con il papà), e un bebè, Eyad, di appena 18 mesi, in un altro campo profughi, quello di al-Bureji.
Nella zona dell’eccidio degli Aldalu è calata una cappa di rabbia, di dolore, di orrore. C’è chi piange, chi tace impietrito, chi semplicemente si chiede il perchè. Nessuno riesce a spiegarsi come mai Israele li abbia colpiti e come mai questa volta l’ordigno devastatore non si stato preceduto dall’abituale “colpo di avvertimento” contro una spigolo dello stabile. Del resto, a dispetto dell’abitudine al conflitto, il pericolo appare in questi giorni generalizzato e senza rimedio. In giro per la Striscia si avventurano ormai in strada solo pochi temerari. O chi non può farne davvero a meno: giornalisti, medici, tecnici della luce o del telefono.
L’attività commerciale è paralizzata. Nel centro di Gaza restano aperte le panetterie e qualche ristorante, per i rari passanti. Il ministero dell’Economia del governo di fatto di Hamas ha assicurato che ai negozi sono stati distribuiti generi di prima necessità. Ma le corsie dei supermercati restano deserte. “Non avvicinatevi ai santuari di Hamas”, ha intimato Israele agli abitanti della Striscia, dopo essersi inserito stamane delle frequenze della radio di Hamas. Facile a dirsi, difficile da realizzare, visto che al tempo stesso Israele sostiene che i miliziani di Hamas, le loro installazioni e i loro arsenali si celano anche nelle scuole, nelle moschee, fra gli impianti sportivi, nei Media center.
In queste condizioni disperanti anche fare la spesa diventa un’operazione logistica ardua. Le scuole sono rigorosamente chiuse e genitori in angoscia tengono i figli sigillati in casa. Anche chiusi a chiave se necessario. Devono schivare le finestre, giocare possibilmente per terra e come massima distrazione ci sono i programmi tv. Così andrà avanti per giorni, si teme, malgrado l’insofferenza dei più piccoli. “Ho avuto la sensazione di perdere i miei figli, che i traumi accumulati erano troppo forti, che rischiavo di renderli invalidi per tutta la vita”, dice al telefono un uomo di Gaza che oggi è riuscito ad andare via, raggiungendo la località marittima egiziana di al-Arish, nel Sinai del nord. Un insperato porto di quiete in cui ha affittato una casa dove la sua famiglia trascorrerà le prossime settimane. “Non ne potevo più delle continue esplosioni, avevamo tutti i nervi a pezzi”, si giustifica.
Ma il suo è solo uno di pochi casi particolarmente fortunati. Chi vive nelle zone più vicine al territorio israeliano non sa dove andare e cerca affannosamente rifugi provvisori: ma nella Striscia non sembra esistere nulla di sicuro. Fatta eccezione per gli scantinati dei grattacieli, che sono però chiusi al pubblico. Mentre calano le tenebre, a Gaza la paura cresce ancora, nella prospettiva che una operazione di terra israeliana possa essere imminente. Nelle case molti tremano. E oggi più che mai si sentono in gabbia.