L'ambasciatore Knapp, alto funzionario delle Finanze elvetiche, si dice "fiducioso" su una rapida approvazione del patto che permetterà di tassare i capitali esportati illegalmente. Ma potrebbe essere troppo tardi
Dopo mesi di stallo, l’accordo fiscale tra Italia e Svizzera potrebbe essere firmato entro l’anno: ”Siamo fiduciosi di trovare un accordo entro il 21 dicembre”, ha affermato l’ambasciatore Oscar Knapp, responsabile Divisione Mercati della segreteria di stato per le questioni finanziarie internazionali. ”I lavori procedono bene”, ha spiegato il diplomatico.
L’intesa dovrà poi essere sottoposta ai governi e ai parlamenti per la ratifica. Gli incontri a livello tecnico si sono intensificati a partire dall’estate e hanno cadenza quindicinale e in alcuni casi addirittura settimanale. L’accordo che si sta studiando tra Svizzera e Italia segue il modello di quelli già raggiunti tra il governo di Berna e la Germania, l’Austria e l’Inghilterra. Secondo queste intese i capitali in Svizzera vengono tassati con un’aliquota vicina a quella dei paesi di provenienza, ma i clienti mantengono l’anonimato. Le stime della scorsa primavera ipotizzavano un incasso per lo Stato italiano di 50 miliardi di euro prelevati dai capitali svizzeri dei nostri concittadini.
Ammesso che ce ne siano ancora, vista la lentezza delle trattative che potrebbe aver dato tempo agli evasori di trasferirli altrove. Intanto arriva l’altolà dei consumatori. L’accordo, notano Adusbef e Federconsumatori, è una “buona notizia per i contribuenti onesti” purché non nasconda “la trappola dell’ennesimo condono, come lo sono stati gli scudi fiscali criminali tassati con l’aliquota del 5%”. Le associazioni dei consumatori, poi, evidenziano che gli scudi fiscali tassati con aliquota del 5% “hanno avuto l’esclusiva funzione di sbianchettare e lavare i capitali frutto di proventi illeciti ed altre forme di accumulo criminale, con il rigoroso anonimato”.
Se l’accordo, proseguono Adusbef e Federconsumatori, “dovesse seguire le tracce e le intese già raggiunte tra il governo di Berna e la Germania, l’Austria e l’Inghilterra, con i capitali in Svizzera tassati con un’aliquota del 35-40%, anche in presenza dell’anonimato, sarebbe utile per il Paese e per i contribuenti onesti che hanno subito una pressione fiscale esagerata e tra le più elevate dei paesi Ue”. Se invece “dovesse ricalcare gli schemi degli scudi fiscali, varati in questi anni a misura di evasori e riciclatori – hanno affermato Elio Lannutti e Rosario Trefiletti – non servirebbe né all’Italia, né a far recuperare credibilità verso le istituzioni fiscali, molto severe e spietate con i contribuenti onesti, comprensivi con i banchieri ed grandi evasori, per i quali si studiano norme ad hoc per non disturbarli troppo”.
Oltre ai paesi europei con i quali la Svizzera ha già raggiunto un accordo fiscale, e l’Italia e la Grecia con le quali le trattative sono in corso, ci sono “altri contatti formali con paesi Ue e non Ue” sempre in materia fiscale, ha aggiunto Knapp. “Il Governo greco non ci ha ancora chiesto nulla della lista Lagarde”, ha precisato il portavoce della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie e internazionali, Mario Tuor, in riferimento al famoso elenco di nomi di cittadini greci che hanno conti bancari segreti in Svizzera contenuto in un cd consegnato nel 2010 dall’allora ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, all’ex ministro greco, Giorgos Papacostantinou, ma che non venne né protocollato né, tantomeno, utilizzato.