Se la natura “eroica” di questo bianco da sola ne imprime il fascino, la freschezza montagnina e il suo carattere peculiare ne fanno un vino davvero unico: semplice e allo stesso tempo stratificato nella sua evoluzione; ma soprattutto dalla beva straordinaria.
Personalmente l’espressione più fine e originale del vitigno l’ho trovata nella produzione di Ermes Pavese, autore di due versioni Blanc de Morgex et de La Salle che ho scoperto solo un paio di anni fa, innamorandomene. Vini veri, vendemmiati manualmente e senza interventi invasivi in cantina.
Ho conosciuto Ermes in un paio d’occasione a delle degustazioni a Milano, ma non avevo mai vistato la sua cantina, dove mi ha ospitato, di domenica, l’altrettanto piacevole moglie che mi ha intrattenuto con la storia dell’azienda, i problemi quantitativi dell’ultima vendemmia (che difficilmente permetterà di superare quota 22.000 bottiglie) e con una serie di aneddoti interessanti, tra i quali il progetto di salire ancora più in alto col vitigno – rispetto ai già impressionanti 1200 metri attuali – per produrre Ice wine.
Tornando ai vini, il loro Blanc de Morgex et de La Salle rimane un prodotto sontuoso: limpido, ricco di sfumature floreali e speziate, scende come acqua minerale e chiude lungo con sentori agrumati. E ha un rapporto qualità-prezzo da sempre giustamente celebrato (meno di 8 euro in cantina). Meno diretto il Nathan che accanto alla selezione fermentata in acciaio, accosta quella in barrique di rovere francese, dopo una macerazione di 48 ore a freddo dei grappoli selezionati. Ne esce un vino più ammaestrato nell’acidità, pronto a notevoli invecchiamenti dai risultati sorprendenti.
Tra gli esperimenti del passato ci sono alcune bollicine, ma Pavese produce anche il Ninive, selezione da vendemmia tardiva che non ho avuto modo di provare. Il nome, come nel caso di Nathan, è dedicato ai figli. Bella anche l’idea di produrre dei magnum che valorizzano oltre modo la bella veste grafica scelta.
Nella trasferta a Morgex ho avuto modo anche di assaggiare le bottiglie di Cave du Vin, importante catena cooperativa che condivide con Ermes l’ottimo lavoro fatto sul Prié Blanc attraverso due versioni: un base cristallino e sapido, un po’ pigro al naso ma di grande piacevolezza e il Rayon, più complesso e dall’evoluzione importante. Buone anche che le bollicine, specie l’extra brut, molto minerale e con un’acidità altamente selettiva e la versione con 48 mesi di fermentazione, prodotto di punta e di grande complessità.