La nuova inchiesta è iniziata dopo le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che si è attribuito un ruolo di preparazione nell'attentato. Ora è imputato insieme al capomafia Madonia, Tutino e agli altri collaboratori di giustizia Scarantino, Candura, Andriotta e Pulci
La procura di Caltanissetta ha chiuso le indagini sulla strage di via D’Amelio, dove furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Eddie Walter Cusina. Chiesto il rinvio a giudizio per sette persone. Si tratta del capomafia palermitano Salvatore Madonia, di Vittorio Tutino e dei collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza, Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura, Francesco Andriotta e Calogero Pulci. Madonia, Tutino e Spatuzza sono accusati di strage mentre gli altri rispondono di calunnia aggravata. Salvatore Madonia, detto Salvuccio, è considerato uno dei mandanti della strage.
“Nella nuova indagine per la strage di via d’Amelio abbiamo fatto miracoli investigativi – spiega il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari – Per un colossale errore giudiziario furono condannate otto persone che l’anno scorso sono state scarcerate. In questi ultimi periodi si sono fatti passi avanti da gigante”.
I magistrati hanno raccolto riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Spatuzza, che ha fortemente contribuito a ridisegnare il quadro delle responsabilità ed è stato ritenuto attendibile: si è attribuito un ruolo nella preparazione dell’attentato di via D’Amelio, ammettendo di aver rubato la Fiat 126 che venne poi usata come autobomba per assassinare Borsellino. Esce di scena il meccanico che avrebbe sistemato le ganasce del Fiat 126, Maurizio Costa, per il quale la Procura ha chiesto l’archiviazione.
Tutino è accusato di aver effettuato, assieme a Spatuzza, il furto della Fiat 126 da utilizzare per la strage. Avrebbe anche procurato due batterie e un’antenna, necessari per alimentare e collegare i dispositivi di innesco dell’esplosivo collocato nella Fiat 126 parcheggiata in via D’Amelio. Pulci, risponde solo di calunnia aggravata perché nel processo “Borsellino Bis” in appello incolpò falsamente Gaetano Murana, di aver partecipato alle fasi esecutive dell’attentato di via D’Amelio. Murana venne poi condannato all’ergastolo.