Avanzata una proposta di legge, chiamata 'Prop 35', che introdurrebbe l’obbligo di comunicare tutti i profili utilizzati in rete nei social network e nei forum. Secondo alcune associazioni viola il Primo emendamento della Costituzione
In California dopo le presidenziali arriva una nuova tornata elettorale. I cittadini convocati alle urne sono chiamati ad esprimere il loro voto su una proposta di legge chiamata “Prop 35” con cui i condannati per reati legati alla sfera sessuale, si vedranno attribuire pene più severe e maggiori limitazioni. Tra le altre imposizioni, i condannati avranno l’obbligo di essere inseriti in uno speciale registro, chiamato dei “Sex Offenders”, oltre che a fornire alla polizia tutti i nicknames utilizzati sulla rete. Al bando l’anonimato in rete insomma che, stando alle parole dei promotori del “sì”, sarebbe la prima causa della rapida diffusione di abusi sessuali, specialmente nei confronti dei minori, oltre che al proliferare del “traffico di corpi umani”, riferito alla prostituzione e allo sfruttamento. Guardando le statistiche fornite dal sito internet “Vote Yes on 35” e osservando la proposta di legge sotto questa luce, è difficile pensare che le urne arrivino a bocciare l’iniziativa.
Anzi, stando ad alcuni recenti sondaggi eseguiti dalla California Business Roundtable, la popolazione vedrebbe decisamente di buon occhio la Prop 35 con una previsione del 78% di voti favorevoli stando agli intervistati. I problemi e le imprecisioni in merito però sembrano essere molte. Innanzitutto nella proposta non si entra nelle specifiche tecniche di come questa iniziativa verrà portata avanti. Si parla infatti dell’attuale “Sex Offenders” che vanta circa 90mila nominativi: un elenco di persone monitorate in rete dalla polizia californiana, ma non viene specificato come sarà possibile controllare che il condannato non abbia altri nickname non-dichiarati. Allo stesso modo la legge potrebbe creare un precedente legislativo pericoloso per la libertà degli individui, come sostenuto dalla Eff (Electronic Frontier Foundation): “La proposta ha alcuni punti oscuri su chi avrà il compito di esaminare queste liste di nominativi per assicurarsi della loro accuratezza e completezza, così come non vengono imposte limitazioni su come questi dati potranno essere utilizzati. Ad esempio, se un individuo inserito nel registro dei Sex Offenders partecipa ad un forum online in cui si parla di politica, la legge imporrà l’applicazione di un monitoraggio anche in questi gruppi di discussione?”.
Una cosa, l’anonimato online, sancita addirittura nel Primo emendamento della Costituzione americana secondo il direttore dell’American Liberties Union, Francisco Lobaco, che preserverebbe la libertà di parola anche negli ambienti virtuali: “La Corte Suprema ha da tempo affermato che il Primo emendamento protegge il diritto di parlare in forma anonima. L’iniziativa viola il diritto degli iscritti di parlare in modo anonimo su internet perché impone ad una persona condannata diversi anni prima per un reato sessuale minore, di fornire alla polizia qualsiasi nome egli utilizzi in qualsiasi forum di discussione online”. La seconda lacuna sollevata dai sostenitori del “No” riguarda infatti anche il tipo di pena che ha porta all’iscrizione al registro dei “Sex Offenders”. Una normativa, quella californiana, che arriva a punire sotto l’etichetta di “reato sessuale” anche situazioni che non hanno nulla a che vedere con il classico stereotipo dell’abuso di minori o sfruttamento della prostituzione. Nel registrano figurano infatti nomi di persone accusate di aver inoltrato foto personali in atteggiamenti osé con l’accusa di aver prodotto materiale pornografico, oppure anche gli esibizionisti delle classiche invasioni di campo.
Un’impostazione che costringe la polizia a segnalare quando uno di questi soggetti si trasferisce in un nuovo quartiere o ad impedire che si possa acquistare casa vicino a scuole, parchi o luoghi definiti per varie ragioni “sensibili”. La proposta di legge prevede l’inasprimento delle limitazioni, soprattutto nell’utilizzo della rete ed è stata sostenuta con un importante finanziamento di 1,86 milioni di dollari da Chris Kelly, già responsabile privacy su Facebook, che ha commentato: “Negli ultimi 15 anni della mia vita ho passato molto tempo e speso molti soldi per costruire una rete più sicura, questa iniziativa è solo la naturale continuazione”. C’è chi invece insinua sia una mossa prettamente politica per raccogliere consensi in una prossima candidatura. Intanto negli scorsi giorni sono stati presentati due ricorsi che si appellavano proprio alla violazione del Primo emendamento della Costituzione americana: il risultato è che il giudice Thelton Henderson ha deciso di bloccare temporaneamente la proposta di legge per analizzare la sua effettiva incostituzionalità. Dure le reazioni a caldo di Chris Kelly che si è scagliato contro questa decisione, sottolineando che in questo modo si è messa in secondo piano la sicurezza e la protezione dei minori.