Dal 2002 a oggi la percentuale di chi si rivolge all'assistenza per almeno due anni consecutivi è aumentata sensibilmente: chi entra nel vortice della povertà ci rimane più a lungo e fatica a rialzarsi. I richiedenti assistenza sono composti per due terzi da donne. Il Rapporto Caritas Milano individua il picco nel 2010, nel bel mezzo della crisi economica. Ancora problematica l'integrazione degli stranieri
La crisi economica ha colpito la società trasversalmente, ma c’è chi ne sta scontando gli effetti in maniera più evidente: sono i ‘vecchi poveri‘, coloro che già versavano in condizioni economiche difficili e che non riescono più a rialzarsi. Il Rapporto sulle povertà stilato dalla Caritas Milano parla chiaro: negli ultimi dieci anni i cosiddetti ‘poveri cronici’, anche in una delle aree più ricche del Paese (i dati sono riferiti alla diocesi del capoluogo lombardo), sono quadruplicati. Si tratta di chi si rivolge all’assistenza per almeno due anni consecutivi, non trovando risposte definitive dal mondo del lavoro. Nel 2002 i vecchi assisititi rappresentavano il 16% sul totale, oggi costituiscono il 40% di chi chiede aiuto. Nei primi anni del nuovo millennio, i centri di assistenza incontravano soprattutto ‘facce nuove’, poi la crisi economica ha stravolto lo scenario. L’inversione di tendenza nel 2010, quando il numero di vecchi assistiti è aumentato in solo un anno di circa il 20%, a fronte di un numero totale di utenti stabile.
A rivolgersi all’assistenza sono soprattutto le donne, che costituiscono i due terzi del totale. Gli stranieri sono il 73,5%: quasi tutti (l’80%) sono in Italia da almeno 3 anni e un quarto vive nel nostro paese da almeno 20. Prevalgono le persone in età lavorativa: tre quarti del campione è compresa tra i 25 e i 54 anni e più della metà non è andata oltre la scuola dell’obbligo.
Chi scivola nel vortice della povertà, ci rimane più a lungo. E a volte non basta trovare un impiego per rialzarsi. Spesso neanche due occupazioni garantiscono un salario sufficiente e anche chi già lavora stabilmente deve ricorrere all’assistenza. Il problema del lavoro è particolarmente sentito dagli stranieri comunitari: riguarda quasi tre quarti del totale. Per gli italiani la principale causa di povertà è invece l’assenza di un reddito adeguato: quasi la metà degli utenti (il 47,8%) lo individua come il bisogno più rilevante. Particolarmente grave risulta la situazione degli immigrati che rappresentano il 75% degli utenti. Tra costoro quasi un quarto vive nel nostro paese da almeno 20 anni e nonostante ciò ha ancora bisogno di ricevere aiuto per provvedere alle proprie necessità materiali. Segno di un’integrazione che a distanza di molto tempo è tutt’altro che compiuta. A rivolgersi all’assistenza non sono più solo gli stranieri privi di permesso di soggiorno che, anzi, sono diminuiti di due punti percentuali nell’ultimo anno. Ad aumentare è il numero di immigrati regolari (passati dal 37,3 degli utenti totali nel 2010 al 40,5% nel 2011): anche chi riesce a regolarizzare la proprio posizione e magari trovare un lavoro, non riesce comunque a raggiungere l’autosufficienza economica, vedendosi costretto a chiedere aiuto.
Il rapporto Caritas, condotto su 16.751 utenti intercettati dai tre servizi centrali di Milano – Sai (Servizio accoglienza immigrati), Sam (Servizio accoglienza milanese), Siloe (Servizi integrati lavoro, orientamento, educazione) – e dai 59 centri di ascolto scelti a rappresentare i 324 centri diffusi nel territorio della diocesi, regala un quadro tutt’altro che incoraggiante. Nella regione dove si concentra il maggior numero di attività produttive d’Italia, la povertà continua ad essere una piaga difficile da debellare. Il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, mostro ugualmente segnali di ottimismo: “Ci rincuora vedere che sul territorio stanno già nascendo proposte di aiuto e sostegno incentrate sulla gratuità e la solidarietà. Sono i mattoni di un nuovo tipo di welfare. Ci auguriamo che le pubbliche amministrazioni se ne rendano conto”.