Un’avvocatura di sana e robusta costituzione?
Da giovedì si terrà a Bari il XXXI Congresso nazionale forense, intitolato “L’avvocatura per una Democrazia solidale. Il Cittadino prima di tutto“. La massima assise dell’avvocatura, istituzionale (Cnf, con la presenza di Cassa Forense) e politica (Oua, con la presenza delle associazioni più rappresentative).
Ho partecipato a tanti congressi e veniva sovente preannunciato un cambiamento rilevante. In realtà mai è accaduto, nel suo seno. Molto però è cambiato all’esterno. L’avvocatura è stata destrutturata e vilipesa nella dignità della sua funzione. Funzione che non è prodromica della categoria forense. Non è servile agli interessi di chi veste la toga. No, è fondamentale per la democrazia e per la tutela dei diritti dei cittadini. Senza un’avvocatura libera, indipendente e forte, i diritti vengono calpestati. Nei regimi dittatoriali i primi a pagare sono spesso gli avvocati (tra gli ultimi esempi, Nasrin Sotoudeh, avvocatessa iraniana per i diritti umani, in prigione da un anno).
L’avvocatura non è una casta (quali privilegi avrebbe?), né una lobbie (quali interesse difenderebbe?) e chi sostiene il contrario è in malafede. E’ peraltro la peggio rappresentata in Parlamento (134) posto che ha difeso solo interessi individuali (violando la ratio del mandato) e certo non categoriali. Tuttavia una campagna di disinformazione ci dipinge come lobby spietata e responsabile della malagiustizia. Falso perché la malagiustizia non dipende certo dall’avvocatura ma dal legislatore e dalla governance della magistratura. Noi, al pari dei cittadini, la subiamo.
L’avvocatura non suscita simpatie in Italia e nel mondo, chiamata com’è a difendere buoni e cattivi, con tesi condivisibili e non, nel merito e con armi formali, spesso incomprensibili. Spesso è arrogante e spocchiosa. Ma è vitale per la tutela dei diritti (il diritto alla difesa è costituzionale). E soprattutto per la difesa della libertà, oggi spaventosamente minacciata da una governance elitaria, economicistica, tesa solo a garantire privilegi ai forti in danno dei deboli, oggi costituiti dall’intera classe media, la cui base si allarga sempre di più. Lo scenario apocalittico che Monti l’esecutore sta realizzando è quello di una economicizzazione dei diritti, a godimento dei potenti. Una deriva di estrema gravità alla quale va opposta con forza la Costituzione e il rispetto dei diritti inviolabili. La Costituzione è nei nostri cuori e nel giuramento che prestiamo.
L’avvocatura ha rilievo costituzionale e deve assumersi questa responsabilità e far sentire forte la propria voce. Per fare ciò però deve essere credibile. E qua occorre fare autocritica ed outing.
Siamo in tanti, troppi, oltre 210.000, un numero sproporzionato rispetto ad altri Paesi. Il numero alto determina scadimento nella qualità e nella deontologia, e può alimentare conflittualità. Ad ogni congresso i rappresentanti urlano il numero altisonante ma non ho mai udito un’assunzione di responsabilità. Siamo in tanti perché per anni vi è stato il sospetto divario tra i promossi al Nord (20% circa) e i promossi al Sud (fino al 98%) con un indotto di dubbia liceità.
La governance dell’avvocatura è la stessa da decenni e si ricicla anche con sospette prorogatio. Simile alla classe politica. Non ha saputo essere lungimirante (si pensi alle tariffe, incomprensibili da chiunque) ha subito enormi sconfitte (come dimostrano questi anni), si è mostrata genuflessa (al legislatore, al Guardasigilli, alla stessa magistratura) ricevendo peraltro sonori schiaffoni. Si è mostrata ultraconservativa, negativa a qualsiasi riforma (perché contrastare tutti i tagli dei tribunali?). Ha gestito in modo indecoroso la responsabilità disciplinare (tra Ordini severi e Ordini lassisti che hanno adoperato i procedimenti a fini elettorali), con ciò danneggiando la credibilità dell’avvocatura intera.
Ha supplito alle gravi disfunzioni della giustizia, sostituendosi agli ausiliari e alle cancellerie (perché?) e non denunciando le gravi negligenze della magistratura, temendone le reazioni.
La nostra dignità è la nostra forza, ed essa è stata svenduta nel tempo da chi ci ha governato.
Non abbiamo saputo denunciare, isolare e sanzionare gli avvocati “parlamentari” o che hanno svolto ruoli apicali quando si sono macchiati di gravi crimini (il caso Lusi è solo uno dei tanti esempi).
L’avvocatura ha perso prestigio, credibilità, veste culturale e sociale soprattutto a causa dei nostri sbagli. E gli sbagli sono stati compiuti da chi ha governato l’avvocatura. E’ necessaria un’assunzione di responsabilità, una pubblica ammenda o il pudore di farsi da parte. Rendendosi debole, l’avvocatura è divenuta il corpus ideale per essere attaccata dai virus (Confindustria, lobby di poteri forti, massoni etc.).
Se vogliamo recuperare forza e prestigio dobbiamo prima entrare in sintonia col Paese, non basta cambiare gli slogan e pensare che così si recuperano 10/15 anni di gravi sbagli.