Basta con la dittatura delle agenzie di rating: le «big three» che da New York assegnano voti a ogni Paese del mondo. A dirlo è la Fondazione Bertelsmann, il più noto e influente think tank tedesco, un istituto di ricerca serio e affidabile, che non ha nulla di rivoluzionario. Ma che ha presentato i suoi rating, a livello sperimentale, su alcuni Paesi. Ebbene, l’Italia, con un AA-, è promossa rispetto ai voti incassati normalmente.
La fondazione aveva presentato l’idea nell’aprile scorso: creare una nuova agenzia indipendente, che, per le sue valutazioni, rispetto alle solite Standard&Poor’s, Moody’s e Fitch, non faccia solo ricorso ai dati macroeconomici nudi e crudi per valutare l’affidabilità creditizia, ma anche a indicatori di previsione, veri e propri modelli interpretativi. La critica è anche verso un vero e proprio oligopolio: le tre maggiori agenzie che fanno il bello e il cattivo tempo, con legami a livello di proprietà a società, banche e hedge fund che devono poi controllare. Una commistione più che discutibile.
Ieri sono arrivate le prime pagelle. Si tratta per ora di un progetto pilota, condotto a livello sperimentale, con un gruppo di analisti. Sono stati presi in considerazione cinque Paesi: Germania, Brasile, Francia, Giappone e Italia. E proprio il voto assegnato al nostro si è rivelato una sorpresa, AA-. E’ decisamente migliore dei rating che ci affibbiano al momento attuale le cosiddette “big three”: Baa2 per Moody’s, BBB+ per S&P e A- per Fitch. L’Italia ha ottenuto una votazione di 7,6 su una scala di dieci punti. Per strappare la tripla A, bisogna superare quota 8. E’ quanto ottenuto, tra i cinque Paesi analizzati, solo dalla Germania (8,1), ma con una «prospettiva negativa». La Francia, reduce dal declassamento di Moody’s (ha appena perso la tripla A come era già successo con Standard), si è assicurata una votazione pari a 7,9 e, quindi, un solido AA+, che significa sì niente tripla A, ma non la prospettiva di una nuova bocciatura a medio termine, come ha invece assicurato Moody’s. Proprio rispetto alla Francia, l’esperto principale che si è ritrovato a valutare il Paese ha sottolineato che ha visto la situazione «in prospettiva», sulla base delle recentissime misure prese dal governo socialista, in particolare l’abbattimento dei contributi sociali a carico delle imprese per un totale di 20 miliardi di euro. E considerando la promessa di nuove riforme.
Sono andati peggio, pure dell’Italia, Brasile (A+) e Giappone (A-). Ma quali sono i criteri utilizzati? Tredici in tutto. E cinque di tipo macroeconomico (questi pesano per il 40% sul voto finale): i principali fondamentali economici, la politica di bilancio, quella monetaria, il rischio finanziario e la dipendenza dall’estero. Gli altri otto parametri sono di prospettiva, tra cui la capacità dell’esecutivo a definire le sue strategie, quella a gestire la crisi, la qualità del sistema di istruzione, il rispetto della legge da parte del governo e dell’amministrazione pubblica e la sua trasparenza e capacità a prevenire la corruzione. Riguardo all’Italia, secondo la Fondazione Bertelsmann, «necessita ancora di una serie di riforme sociopolitiche per garantire il proprio rating ma la sua recente gestione della crisi è stata molto positiva, sebbene l’elevato debito pubblico pesi negativamente sul giudizio di solvibilità».
L’obiettivo della fondazione è dimostrare che si può creare un’organizzazione indipendente alternativa alle agenzie di rating classiche. Il think tank tedesco valuta a 310 milioni di euro il capitale iniziale necessario per passare dalla fase sperimentale a quella operativa a 360 gradi. Spera di raccogliere i fondi tra i Paesi del G20 e le principali istituzioni internazionali.