Nel Regno Unito è di nuovo polemica per gli affitti dei parlamentari di Westminster pagati dai contribuenti britannici. Due inchieste parallele del canale televisivo Channel 4 e del quotidiano Daily Telegraph hanno scoperchiato la pentola che conteneva tanti segreti legati alla vita privata dei deputati. E così si è venuto a sapere che alcuni parlamentari pagano l’affitto, finanziato da chi paga le tasse, ad altri parlamentari. Alcuni, invece, hanno preso appartamenti in locazione da ricche e nobili famiglie, altri da società con sede nei paradisi fiscali, altri ancora hanno messo sul mercato le loro case di proprietà per poi chiedere il contributo finanziario al parlamento – fino a un massimo di 20mila sterline all’anno – per poter affittare appartamenti a poca distanza dalla House of Commons e dalla House of Lords, le camere bassa e alta del parlamento britannico. Veri e propri reati non ce ne sarebbero, ma il comportamento dei deputati va contro ogni regolamento di disciplina interno a Westminster, così come va contro le indicazioni dell’Independent Parliamentary Standards Authority (Ipsa), una commissione regolatrice dei comportamenti dei parlamentari. Ora l’Ipsa sta pensando seriamente di limitare queste pratiche. Non si sa ancora come, ma la stampa britannica è tutta in subbuglio.
E gli organi di stampa attaccano anche per un altro motivo. L’Ipsa lunedì sera ha pubblicato la lista dei proprietari delle case abitate dai parlamentari. I nomi dei landlord di 51 di essi, tuttavia, sono stati censurati dal Parlamento stesso, per ragioni ‘di sicurezza’. Lo speaker della House of Commons (una sorta di presidente della Camera) John Bercow si è battuto nelle scorse settimane per ottenere la censura. In molti casi, sostiene Bercow, è pericoloso pubblicare nomi e identità dei proprietari di casa, perché così si risalirebbe agli indirizzi dei parlamentari. Molti dei quali vivono sotto scorta, sono stati minacciati o vittime di stalker. Esclusi quelli dell’Irlanda del Nord, fronte caldo per gli scontri del passato, che godono di copertura per legge, 51 di essi, appunto, hanno potuto tenere nascosta la loro residenza. Ma, in questo modo, commenta la stampa, la platea dei contribuenti che paga di tasca propria gli affitti dei parlamentari non ha potuto sapere a chi vanno finanziamenti e soldi pubblici.
Gli scandali sulle spese parlamentari sono un tormentone ciclico nel Regno Unito. In queste ore la Bbc, la televisione di Stato, sta mandando in onda numerosi servizi sulla vicenda. Il Guardian, giornale di sinistra, ha cercato di fare nomi e cognomi, ricevendo tuttavia richieste di chiarimento e di smentita. Il Daily Mail, tabloid che in Italia verrebbe definito scandalistico, definisce tutto il caso “imbarazzante” e “pericoloso” per l’immagine dell’intero Parlamento. E persino il quotidiano gratuito London Evening Standard, conservatore per le posizioni e molto popolare in quanto stampa anche due milioni di copie al giorno, attacca deputati e proprietari di case. Ma la vicenda non interessa solo parlamentari e ministri della maggioranza. Secondo le ricostruzioni del Telegraph, alcuni parlamentari laburisti avrebbero preso case in affitto da aziende con sedi nei paradisi fiscali. Ma, fa notare il Telegraph, proprio il Labour è il partito britannico che più critica la pratica di molte imprese di avere la sede nei Paesi offshore per non pagare le tasse nel Regno Unito. Sempre lo stesso quotidiano ha tirato in ballo il sindacato. Secondo il Telegraph, alcuni deputati avrebbero preso case in affitto da importanti personaggi delle maggiori sigle sindacali. Altra pratica che andrebbe contro il regolamento interno sia del parlamento che delle potenti unions.