Gli “interferenti endocrini” che attaccano il sistema ormonale dell’uomo sono un esercito sempre più temibile: si trovano nell’acqua, nella terra, nei pesticidi, nel cibo, negli oggetti di plastica che tocchiamo ogni giorno. Pensate all'”epidemia” di disturbi alla tiroide, e avrete una (pallida) idea di quale sia il problema. Continuare a studiarli sugli animali non può che aumentare il caos e l’incertezza esistenti. E allora a chi rivolgerci? Che aiuto può venirci dai metodi sostitutivi, specie quelli in vitro? Quale posto occupano questi problemi nell’agenda dei politici e nella legislazione europea?
Voglio segnalare con questo post che ne parleranno a Roma, il 17 dicembre, alcuni relatori del Simposio internazionale organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità e intitolato “Alternative in vitro methods to characterize the role of Endocrine Active Substances (EASs) in hormone-targeted tissues (Metodi alternativi in vitro per definire l’azione degli interferenti endocrini nei tessuti-bersaglio degli ormoni)
La verità è che se la scienza e la tecnologia hanno già cominciato a produrre strumenti importanti per superare l’impasse, la politica segna il passo. Un preoccupante esempio ci viene proprio dal Regolamento REACH, varato a Bruxelles nel 2007, che obbliga a testare sugli animali una per una alcune decine di migliaia di sostanze chimiche prodotte in laboratorio dall’uomo negli ultimi decenni.
“Dalle linee guida del REACH” spiega Costanza Rovida, che parlerà a Roma quale rappresentante del CAAT (Centro per lo studio dei metodi alternativi, Università di Costanza) “non emerge alcuna specifica attenzione per questo problema cruciale. Chi produce sostanze chimiche semplicemente può ignorare che esse possano avere proprietà come interferenti endocrini potenzialmente pericolosi per l’uomo e per l’ambiente: il REACH non richiede alcuna specificazione in questo senso”.
Adesso, il timore è che nella prossima revisione del Regolamento, attesa tra poco, entro la fine del 2012, ci sia sì più attenzione verso gli interferenti endocrini, ma con la “facile” e sbrigativa conseguenza di chiedere l’ennesimo inutile test sugli animali. Il sistema ormonale è un delicato equilibrio di sostanze chimiche altamente specifico per ogni specie. Insomma: non siamo ratti di 70 kg, come dice una fortunata espressione coniata dal direttore del CAAT Thomas Hartung, pure lui presente al Simposio.
Una politica all’altezza dei tempi dovrebbe invece riconoscere la pericolosità di questo effetto e capire che i dati ottenuti sui ratti non possono essere estrapolati all’uomo. “Esistono già diversi metodi in vitro molto efficaci” sostiene Rovida. “Si tratta di capire quali possano essere i migliori, cosa che cercheremo di fare insieme a Roma durante il simposio”.
Si parla tanto di metodi sostitutivi: è ora di imparare a conoscerli, tanto più se siete studenti di medicina, biologia, biotecnologie, veterinaria, scienze naturali. La nostra salute, presente e futura, è nelle mani di chi conosce, utilizza, sostiene, sviluppa, finanzia i metodi sostitutivi alla sperimentazione animale!
Il simposio è gratuito per studenti e dottorandi. Per informazioni e iscrizioni: Laura Narciso dell’Istituto Superiore di Sanità: laura.narciso@iss.it, telefono 06/4990-2512, fax 06 4990-3014.