In piazza delle Cinque Scole sono posizionati alcuni dispositivi di sicurezza, gli stessi che si vedono scorrendo il filmato girato dalla vittima. Servizio d'ordine interno alla comunità? Fonti di polizia: “Siamo a conoscenza che esiste”
Sbagliavamo quando abbiamo scritto che per fare luce sull’aggressione al ghetto di Roma ai danni dei militanti del Teatro Valle, dopo il corteo di mercoledì scorso, c’erano solo tre fermo immagine. Sì, perché oltre al video girato da Davide mentre lo stavano pestando, e pubblicato in esclusiva dal fattoquotidiano.it, c’è molto altro: alcune telecamere di sorveglianza e una conferma che arriva direttamente dalla Questura di Roma. “Sì, siamo a conoscenza che nel rione esiste una specie di servizio d’ordine interno alla comunità”, fanno sapere fonti qualificate di polizia.
E ora? Ora bisogna capire cosa hanno registrato i dispositivi posizionati sui muri di piazza delle Cinque Scole. Scorrendo fotogramma per fotogramma gli ultimi secondi del video ripreso dalla vittima, si nota che alle spalle di alcuni uomini (non sappiamo se gli esecutori materiali del pestaggio, o parte del pubblico che si è goduto la scena senza muovere un dito) sbucano due apparecchi. Se poi si comparano i fermo immagine con le foto di Google maps si ha la conferma: la piazza teatro dell’aggressione è sotto il controllo di cinque occhi elettronici. Cosa hanno ripreso? Per il momento possiamo solo immaginarlo ripercorrendo la testimonianza delle vittime. “A un certo punto ho visto la piazza riempirsi, saranno state una trentina di persone – racconta Valeria, giovanissima fotografa di scena del teatro occupato – Alcuni sembravano agenti in borghese, altri, la maggioranza, gente del quartiere”. E le riprese mostrano che una delle telecamere ha l’obiettivo puntato su un capannello di persone.
“E’ anche per accedere a quei filmati che abbiamo concordato con i nostri avvocati di sporgere denuncia”, racconta Ilenia, una delle persone che hanno assistito alla scena. I ragazzi del Valle hanno anche accettato l’invito del presidente Riccardo Pacifici a un incontro pubblico con la gente del rione. Un’occasione “fondamentale per la ricostruzione dei fatti”, scrivono in un comunicato nel quale rispondono anche ai “punti oscuri” sollevati dal capo della comunità ebraica romana, come il troppo tempo trascorso dall’aggressione alla decisione di fare uscire la notizia. “Abbiamo aspettato qualche giorno perché la gravità e la violenza dell’episodio ci ha scosso profondamente, non solo le cinque persone direttamente coinvolte, ma la collettività più ampia del Teatro Valle. Abbiamo avuto bisogno di rielaborare insieme e insieme decidere che era nostro dovere civile denunciare il fatto e renderlo pubblico, superando la pesante intimidazione”. Altra questione è la veridicità del filmato messa in discussione da Pacifici in quanto passato per il montaggio. Come abbiamo già scritto, il presidente non ha visto l’originale, ma il video del Fatto dove le scene di violenza sono montate assieme al racconto dei protagonisti. “Il materiale in nostro possesso è già pubblicato in formato integrale sul nostro sito e su vari canali di informazione web”, confermano dallo spazio occupato.
Ma ora le immagini che contano sono quelle racchiuse negli hard disk della videosorveglianza. Solo visionandole si potrà ricostruire quanto accaduto e fare luce sul sospetto che, all’interno del rione, possa esistere una sorta di “controllo organizzato” che si “accende” in occasioni particolari. E quel 14 novembre, si sa, è stato un giorno campale. “Avevamo 1000 bambini chiusi nella scuola di fronte alla sinagoga sul Lungotevere – ricorda il portavoce Ruben Della Rocca – Perché nel momento in cui è suonata la campanella, centinaia di ragazzi stavano arretrando di corsa dopo le cariche della polizia”. Per non parlare dei fascisti del Blocco studentesco che, dopo i disordini in piazza del Popolo della mattina, si sono fatti vedere, senza per fortuna fare danni, anche dalle parti del quartiere ebraico. Niente però che possa lontanamente giustificare la costituzione di una “ronda” per difendere, al di sopra della legge, un’autoproclamata zona rossa.