L'ex presidente del Consiglio ricorda la sua esperienza a Palazzo Chigi, resa possibile da una coalizione "ingovernabile", composta da elementi "degni di attenzione psichiatrica": "Mi chiedevano di uscire dalla Nato e di dichiarare guerra agli Usa. Questo ci ha limitato molto"
“Quando ero presidente del Consiglio avevo una maggioranza ingovernabile, composta da squilibrati degni di attenzione psichiatrica che mi chiedevano di uscire dalla Nato e di dichiarare guerra agli Stati Uniti. Questo ci ha limitato molto”. A ricordare la sua esperienza da capo del governo, durata poco più di un anno e mezzo, è Massimo D’Alema in un colloquio con il quotidiano napoletano Il Mattino. Frase da contestualizzare, ovviamente. Il riferimento sembra diretto all’ala sinistra della maggioranza che sostenne D’Alema per quei mesi in cui lui riuscì a conquistare Palazzo Chigi: quindi proprio quei Comunisti Italiani che permisero a un governo di centrosinistra di proseguire la sua vita, dopo la caduta di Prodi per mano di Rifondazione Comunista. Proprio in quel caso, era il 1998, Armando Cossutta e Oliviero Diliberto guidarono la scissione dal resto del partito (guidato da Fausto Bertinotti) che aveva deciso di togliere la fiducia all’esecutivo. Ma l’Udr di Francesco Cossiga e Clemente Mastella fece da stampella, sì, ma non poteva bastare. Proprio il Pdci fu indispensabile. Tuttavia proprio quel governo fu anche quello delle bombe su Belgrado per via della guerra del Kosovo. Il che provocò non pochi problemi al primo governo D’Alema, il primo guidato da un ex Pci. L’ala pacifista non rimase certo in silenzio in quei giorni.
D’Alema, nel colloquio con Il Mattino, parla anche (e soprattutto) di attualità politica. In particolare si rivolge al nuovo soggetto nato al centro, ma anche al rivale numero uno, Matteo Renzi. “Io scelgo Bersani – dice – non chi probabilmente non riuscirebbe a vincere le elezioni e neppure a formare un governo”. Secondo D’Alema, c’è bisogno della politica: “Diffidate di chi sulla scia del berlusconismo, ritiene che i partiti debbano farsi da parte. Ma la politica da sola non può farcela. Occorre allora una grande mobilitazione, le competenze devono scendere in campo”. Insomma, bisogna correre alle elezioni se si vuole concorrere alla guida del Paese: “Vogliono governare? – si riferisce a Montezemolo e alle altre personalità del Manifesto verso la Terza Repubblica – Va bene, ma poi per governare chiedono i nostri voti. C’è evidentemente qualcosa che non funziona”.
Quindi grande attenzione oppure ci ritroviamo al governo “aspiranti demiurghi, un grande comico o qualche piccolo imprenditore”. I riferimenti, anche in questo caso, sembrano chiari. Dunque D’Alema sceglie Bersani: “E’ l’unico ad aver proposto un programma serio e realizzabile. Per questo chiedo di votarlo”. Diffidate, dice D’Alema, di chi dice che il Pd può governare con l’autosufficienza (concetto peraltro agitato nel 2008 da Veltroni con i risultati sotto gli occhi di tutti): “Occorre costruire una coalizione – continua l’ex presidente del Consiglio – Peraltro anche Nichi Vendola e Pier Ferdinando Casini, entrambi possibili interlocutori del Partito Democratico, si sono espressi in favore di Bersani”.
Non serve un Monti bis per mantenere le promesse di rigore: “Quando siamo stati al governo abbiamo dato prova di rigore e di rispetto dei criteri europei. Abbiamo le carte in regola anche per quel che abbiamo fatto nel passato”