Tanto tuonò che piovve, verrebbe da dire nel leggere lo schema del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di “requisiti minimi necessari ad un corretto sviluppo del mercato degli intermediari dei diritti connessi al diritto d’autore”, appena pubblicato sulle pagine del sito del Governo.
La bozza del provvedimento – messa a punto dagli Uffici del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo con un ritardo di appena sette mesi rispetto ai termini previsti nella legge – conferma, purtroppo, i dubbi e le perplessità sollevati dalle prime indiscrezioni sul contenuto del provvedimento circolate nei giorni scorsi.
Se il Decreto riflette, effettivamente, le intenzioni del Governo, quest’ultimo – nonostante tanti proclami e promesse – ha in mente, almeno per quanto riguarda il mercato dei diritti connessi – una liberalizzazione solo a parole che ha più il profumo della restaurazione che quello della rivoluzione di un settore che interessa settanta mila artisti.
Il testo dello schema di Decreto, infatti, rivela, almeno, scarsa convinzione da parte del Governo nel voler procedere alla reale liberalizzazione del mercato.
Non si spiega diversamente il perché di talune disposizioni decisamente ambigue circa la posizione di Palazzo Chigi e di altre fortemente squilibrate a favore del mantenimento dell’attuale situazione, con il mercato destinato a rimanere saldamente nelle mani dell’ormai ex – almeno sulla carta – monopolista, di fatto, Nuovo Imaie.
Ma cominciamo dal principio.
Lo schema di Decreto non consente di capire se – come sarebbe ovvio e naturale – le nuove regole si applicheranno anche al Nuovo Imaie o se, invece, a doversi far carico degli adempimenti e degli oneri che esse impongono a chi voglia operare nel mercato dell’intermediazione dei diritti connessi, saranno solo i nuovi.
Se così fosse è evidente che la liberalizzazione sarebbe lontana a venire: i nuovi soggetti di mercato non avrebbero alcuna concreta possibilità di confrontarsi con il vecchio monopolista se obbligati a farsi carico di oneri e adempimenti – anche di natura patrimoniale e finanziaria – non gravanti, invece, sul Nuovo Imaie.
Perché, dunque, l’articolo 1 del Decreto non chiarisce che le norme in esso contenute si applicano, in modo integrale ed uniforme, al vecchio ed ai nuovi soggetti di mercato?
Ma andiamo avanti.
Due i principali aspetti, tra i tanti che minacciano di rappresentare delle insuperabili barriere all’ingresso di nuovi operatori sul mercato e, quindi, di consentire all’ex monopolista di fatto, di consolidare la propria posizione di mercato, a dispetto di quanto oggi previsto in modo inequivocabile dalla legge, secondo la quale il mercato dei diritti connessi deve essere libero.
Il primo è rappresentato dalle garanzie patrimoniali e fideiussorie che tutti coloro che intenderanno operare sul mercato – forse con la sola eccezione del Nuovo Imaie – dovranno necessariamente prestare a tutela degli interessi dei titolari dei diritti. Un patrimonio netto di 120 mila euro e – benché solo a partire dal primo esercizio successivo a quello di inizio dell’attività – una fideiussione bancaria pari al 60% del valore dei diritti amministrati nell’anno precedente. Sul punto occorre essere estremamente chiari per evitare ogni rischio di fraintendimento.
E’ sacrosanto – specie dopo la disastrosa esperienza dell’Imaie sulla quale solo la magistratura penale potrà, forse, un giorno, far chiarezza – esigere da chi voglia intermediare i diritti altrui la prestazione di adeguate garanzie.
Occorre, tuttavia, far attenzione – specie mentre si pone mano ad un Decreto di attuazione di una norma in materia di liberalizzazioni – che tali obblighi di garanzia non finiscano con il rappresentare insuperabili barriere all’entrata sul mercato di nuovi concorrenti, consentendo così il rafforzamento della posizione dominante di chi su quel mercato già opera – peraltro in regime di monopolio di fatto – da anni.
In questo caso, le garanzie che il Governo chiede ai nuovi operatori sembrano eccessive soprattutto se si considera che tali soggetti potranno far cassa solo attraverso le commissioni richieste ai titolari dei diritti che loro daranno mandato. Come e dove, quindi, i nuovi soggetti di mercato potranno trovare le risorse necessarie a prestare le garanzie richieste dal Decreto?
Si tratta, naturalmente, di un problema che non riguarda il Nuovo Imaie che – anche qualora si vedesse costretto a rispettare, come sarebbe naturale, le previsioni del Decreto – dispone evidentemente delle necessarie risorse.
Il secondo aspetto importante è rappresentato dall’esigenza che tutte le imprese operanti sul mercato dispongano di “una banca dati informatica, regolarmente aggiornata, delle opere e dei titolari dei diritti connessi amministrati e dei loro aventi causa accessibile ai titolari dei diritti ed agli utilizzatori delle opere anche al fine di agevolare la distribuzione dei compensi”. E’ una richiesta corretta e condivisibile.
Il punto, ancora una volta, è che il Nuovo Imaie già dispone di questa banca dati per averla costituite con le risorse dell’intera categoria dei titolari dei diritti, sin qui, rappresentati in esclusiva mentre ogni nuovo soggetto di mercato dovrebbe costituirne una, da zero, con tempi ed oneri incompatibili con l’esigenza di competere ad armi pari con l’ex monopolista. Il Decreto dovrebbe, pertanto, prevedere, almeno, il diritto dei nuovi soggetti a chiedere ed ottenere dal Nuovo Imaie la consegna di tutti i dati relativi ai titolari dei diritti che loro affideranno il mandato. Senza questa accortezza, sperare in una effettiva concorrenza nel mercato dell’intermediazione è un’illusione destinata ad infrangersi contro l’insuperabile vantaggio competitivo del Nuovo Imaie.
Assisteremmo, impotenti, al ripetersi di una storia già vista: la liberalizzazione del trasporto su rotaie con l’ex monopolista che rimane il proprietario delle rotaie o la liberalizzazione dei servizi di telefonica con l’ex monopolista che resta proprietaria dell’infrastruttura di comunicazione.
Tocca ora all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato dare i propri suggerimenti al Governo ed al Governo decidere, una volta per tutte, se vuole l’ennesima mezza-liberalizzazione o se, questa volta, fa sul serio.