Riformulata la proposta di modifica al decreto Sviluppo: ora è previsto il ricorso alla sentenza della Cassazione non solo per in casi di diritto comunitario, ma quando c'è una "manifesta violazione di legge". Stop da Vietti: "Porterebbe il sistema al collasso". Contro anche Anm e presidente della Suprema Corte
Il Pdl ci riprova e riesce a peggiorare l’emendamento al decreto Sviluppo, il più contestato tra i 1600 presenti: secondo la riformulazione (chiesta, naturalmente non in questo senso, dal Pd) si potrà ricorrere contro le sentenze passate in giudicato nei due anni antecedenti al decreto per “manifesta violazione della legge” e non solo del diritto comunitario. Una sorta di “escamotage” per “riaprire” tutte le sentenze. Se secondo la prima stesura, dunque, l’eventuale ricorso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione dopo una pronuncia della Cassazione si poteva presentare solo in caso di violazione del diritto comunitario (sia in caso di giudizio civile che penale) ora sembra trattarsi di un vero e proprio “quarto grado di giudizio”, al quale si può fare ricorso dopo una sentenza in Cassazione (che già valuta la “manifesta violazione della legge”). La norma avrebbe effetti anche sulle sentenze passate in giudicato nei due anni antecedenti all’entrata in vigore della legge. E si avranno 180 giorni di tempo da questa data per presentare ricorso.
Il pensiero è corso veloce alla sentenza sul Lodo Mondadori, che arriverà tra poco in Cassazione, ma sia il Pdl sia Fininvest hanno respinto sdegnatamente eventuali vantaggi nella sfida con De Benedetti. “Come si può evincere dai motivi del ricorso in Cassazione e dall’intera causa sul Lodo Mondadori – scrive Fininvest in una nota – in nessun modo è richiamabile o applicabile la problematica del diritto comunitario, della quale invece si occupa l’emendamento. Il cui contenuto, quindi, non ha nulla a che vedere con la causa sul Lodo”. Ora che il diritto comunitario sparisce e la norma è destinata ad allargarsi a tutte le “manifeste violazioni di legge” questa difesa comincia a ballare.
I proponenti sono alcuni senatori del Pdl: Carlo Sarro, Franco Mugnai, Giuseppe Valentino, Mariano Delogu, Alberto Balboni. Secondo i 5 senatori questa modifica alla legge potrebbe contribuire a sciogliere il nodo della “responsabilità civile dei magistrati” perché i cittadini “invece di andare in giro in Europa a chiedere giustizia di sentenze italiane e poi rifarsi sul singolo magistrato, potrebbero appellarsi alle Sezioni Unite della Suprema Corte”. Ma non è certo questa, secondo il Pd, la “vera ratio della norma”.
Severino: “Se resta così, il parere è negativo”
Ma il ministro della Giustizia è chiaro. Se l’emendamento restasse così com’è, il parere del governo sarebbe “negativo”. Paola Severino ha detto di non aver ancora letto la nuova formulazione dell’emendamento (ne sono state fatte tre) tuttavia ha sottolineato che “se anche il nuovo emendamento avesse i problemi di carattere strutturale che aveva l’emendamento precedente, il parere del governo sarebbe negativo”. Il ministro della Giustizia ha poi proseguito, aggiungendo che “se invece l’emendamento superasse il problema di quella sorta di ‘quarto grado’ di giudizio, allora potrebbe essere preso in considerazione”. Infine il Guardasigilli ha voluto rimarcare “di aver prestato molta attenzione alle dichiarazioni con le quali il presidente del Senato ha invitato a un vaglio attento sulla ammissibilità degli emendamenti”. In proposito occorre ricordare che questo emendamento, in materia di giustizia, è stato inserito nel decreto sviluppo.
Schifani: “Farò rigorosissima valutazione su emendamenti palesemente estranei”
In effetti gli emendamenti sembrano scricchiolare in particolare sotto il profilo della forma, più che della sostanza. La capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, infatti, ha battuto più volte il tasto sulla stessa ammissibilità dell’emendamento. E il presidente di Palazzo Madama Renato Schifani: “Confido che emendamenti palesemente estranei siano sottoposti a vaglio di ammissibilità attento e estremamente vigoroso” scrive rivolto al presidente della commissione Industria Cesare Cursi (Pdl), dov’è approdata la discussione sul ddl Sviluppo.“Anche io farò rigorosissima valutazione”, aggiunge.
“Nella certezza che ella saprà esercitare le prerogative che il Regolamento le attribuisce con il consueto scrupolo – scrive ancora Schifani a Cursi – confido che gli emendamenti palesemente estranei alle materie contenute nel decreto siano sottoposti a un vaglio di ammissibilità particolarmente attento ed estremamente rigoroso”. “Resta naturalmente fermo – si legge ancora nella lettera di Schifani – che,una volta esaurito l’esame da parte della commissione, questa presidenza si riserva di effettuare un’ulteriore rigorosissima valutazione sotto il profilo dell’ammissibilità degli emendamenti che saranno presentati all’Assemblea, compresi quelli approvati dalla Commissione medesima come già avvenuto in altre recenti occasioni”. Lo stesso rigore, infatti, il presidente del Senato lo aveva chiesto con una lettera del 13 febbraio a proposito del decreto sulle liberalizzazioni.
Nello scrivere a Cursi, Schifani aveva premesso che gli risultava “ancora pendente un rilevante numero di proposte emendative che appaiono del tutto estranee al contenuto del provvedimento”. Tra gli emendamenti che stanno facendo discutere la commissione Industria c’è anche quello che punta a reintrodurre la “mediazione” la cui obbligatorietà era stata messa in discussione da una recente sentenza della Consulta. E anche su questo si potrebbe sollevare una questione di inammissibilità in un testo come il decreto Sviluppo.
Bondi: “Berlusconi non vuole una cosa del genere”
Perfino i vertici del Pdl ora disconoscono la proposta: per Sandro Bondi è “una cosa che non sta in piedi”. Il coordinatore del partito dice che non voterebbe il provvedimento se fosse alla Camera: “Le cose semmai vanno semplificate e i tre gradi di giudizio mi sembrano più che sufficienti” osserva, precisando che “è un’iniziativa personale” perché “assolutamente non mi risulta che Berlusconi voglia una cosa del genere”.
Il Pd alza le barricate: “Così smantellano il sistema giudiziario”
Finocchiaro definisce la norma “gravissima”. Stupisce, dice, “la perseveranza di qualcuno nel voler in tutti i modi smantellare il sistema giudiziario italiano attraverso meccanismi che ne rallentino o inceppino l’iter”. “Scritta così – sottolinea il capogruppo Pd in commissione Giustizia del Senato Silvia Della Monica – interverrebbe sulle sentenze già passate in giudicato. E questo potrebbe avere effetti anche sulla legge per le incandidabilità che sta mettendo a punto il governo”. Molti procedimenti conclusi con sentenze definitive, infatti, si potrebbero riaprire “con la scusa della violazione del diritto comunitario” (che ormai potrebbe venire esteso “a dismisura”), incalza anche l’altro capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera Donatella Ferranti, e rimettere in discussione “molte sentenze di condanna che riguardano i parlamentari” che nel frattempo tornerebbero candidabili fino alla conclusione del giudizio davanti alle Sezioni Unite della Cassazione. “Se questo emendamento passasse – insiste la Ferranti – si bloccherebbe il sistema giustizia. Per attendere condanne definitive bisognerebbe aspettare un fantomatico quarto grado di giudizio che, per quanto riguarda la violazione del diritto comunitario, risulta una sostanziale duplicazione del terzo”. E’ paradossale poi “che questo venga proposto da chi dice di difendere la ragionevole durata del processo”.
Tutti contro: governo, Csm, Anm, presidente di Cassazione
E infatti, il sottosegretario alla Giustizia Salvatore Mazzamuto avverte subito di aver dato parere contrario all’emendamento che porta, oltre a quella di Sarro, anche le firme del capogruppo Pdl in commissione Giustizia Franco Mugnai, Giuseppe Valentino, Mariano Delogu, Alberto Balboni. “I firmatari – avverte Mazzamuto – hanno preannunciato una riformulazione quindi è accantonato”. L’emendamento del Pdl? “Non l’ho ancora letto..”.
Alla proposta arriva però innanzitutto lo stop dal Csm. “Come è noto sono da sempre fautore di una riduzione degli attuali tre gradi di giudizio – afferma il vicepresidente Michele Vietti – Quindi non posso che vedere con disfavore l’ipotesi di aggiungerne addirittura un altro”. “Oggi la Cassazione e anche le sezioni unite è oberata dal carico di lavoro – chiarisce – Immaginare di gravarla di questo ulteriore, al momento imprevedibile ma enorme numero di ricorsi porterebbe al collasso del sistema oltre che snaturarne la sua attività di nomofilachia, finirebbe per fare il giudice del merito di se stessa”. Vietti osserva come “l’aggancio al diritto comunitario non rappresenta un’ipotesi residuale: oggi il diritto Ue permea il nostro diritto nazionale, quindi chiunque troverebbe un aggancio per ricorrere alle Sezioni Unite della Cassazione, che è già oberata da un gran carico di lavoro”.
Contro l’emendamento del Pdl anche l’Anm. Secondo l’associazione dei magistrati la proposta “rischia di avere gravi ricadute sui tempi del processo, cioè sui tempi per avere sentenze irrevocabili”. Le norme proposte, secondo il presidente Rodolfo Sabelli, rischiano anche di incidere sulla funzionalità delle sezioni unite della Cassazione: “Si carica la Corte delle competenze a giudicare su un numero imprevedibile di ricorsi”. Quanto alle possibili ricadute su casi concreti, il presidente dell’Anm ha poi precisato: “Non sono ancora in grado di dire quali potrebbero essere, mi auguro però che non si tratti di interventi ad personam”.
Al coro di no si aggiunge anche il presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo: “Proporre il quarto grado di giudizio significa non conoscere la Cassazione, che è oberata da 80 mila ricorsi l’anno. Inoltre le Sezioni Unite hanno il compito di intervenire solo su casi particolari. Prevedere un ulteriore ricorso alle Sezioni Unite significa mettere la Cassazione nell’impossibilità di lavorare. E si va contro lo spirito della Costituzione che ha previsto la Suprema Corte come organo di nomofilachia”, garante cioè della uniforme interpretazione della legge.