Dietro all'uscita del presidente - "Monti non può essere candidato" - la necessità di tutelare il nome del premier dal logorio delle forze centriste che lo vorrebbero portabandiera alle prossime elezioni. Non tanto e non solo per un nuovo incarico, quanto per la necessità di individuare un successore apprezzato a livello internazionale
Insomma, per Napolitano, il costruendo partito montezemoliano che vuole Monti scelto dal popolo e non più dalla necessità e urgenza della crisi, è più o meno una “sciocchezza”, nulla che si possa realmente concretizzare, almeno sul piano formare. Il professore “ è e resta prezioso per l’Italia”, sempre secondo Napolitano, ma inutile tirarlo per la giacca. E’ già senatore a vita, un incarico dal quale non ci si può dimettere, se non per ragioni naturali e non certo politiche.
Napolitano, dunque, dice stop alle speculazioni politiche sul nome di Monti, soprattutto per non mettere in difficoltà il premier all’esterno. E’ noto che una riconferma del Professore sarebbe caldeggiata in Europa e, soprattutto, in America, anche attraverso una sua (a questo punto impossibile) discesa diretta in campo, ma all’estero non conoscono bene i meccanismi che regolano la vita parlamentare degli eletti “a vita” e, dunque, quegli inviti a farsi avanti anche per un secondo round a palazzo Chigi sono sempre stati considerati come attestati di stima e semplici auspici più che come richieste reali di candidatura.
A dire il vero, però, nella Costituzione non è scritto da nessuna parte che un senatore a vita non possa guidare un partito politico con il legittimo obiettivo di salire al governo del Paese. Monti, insomma, potrebbe tranquillamente fare il leader della compagine di Montezemolo in coalizione con quello di Casini. Solo che dovrebbe farlo senza potersi/doversi candidare alle elezioni. In pratica, dovrebbe togliersi la giacca da tecnico, abbracciare ufficialmente quella parte politica, quindi farsi “candidare” dai suoi eletti in Parlamento come “nuovo leader” per il governo. Un percorso che, in verità, non è mai stato fatto da altri prima d’ora, che non è esplicitamente vietato dalla Carta ma che, soprattutto, Monti non farà mai.
Dunque? Par di capire che dietro gli stop formali di Napolitano su Monti ci siano due questioni. La prima politica, la seconda di progetto. Il Capo dello Stato, mettendo fine alle illazioni sulla candidatura di Monti per la fine di gennaio, ha voluto evitare che la figura del premier finisse logorata – anzi, stritolata – dall’infernale macchina di propaganda della campagna elettorale che si annuncia senza esclusione di colpi. Un Monti apparentemente dubbioso o, comunque, non netto sulle sue prospettive personali, come è apparso fino ad oggi, potrebbe diventare facile bersaglio, d’ora in poi,della propaganda politica delle parti in campo, con inevitabile svilimento della sua figura e del suo prestigio, soprattutto internazionale. Napolitano, insomma, con questa mossa ha inteso metterlo al riparo da incidenti di percorso e scivolate. Ma il progetto del Colle, per la verità, è soprattutto un altro. Il tenere Monti fuori dall’agone politico, anche semplicemente come “nome di bandiera” di una parte in campo, rende l’uomo il candidato perfetto alla sua successione.
Se proprio l’Italia ha bisogno di Monti – sembra di leggere in filigrana nelle parole definitive del Capo dello Stato – perché allora non chiedergli di essere il dodicesimo presidente della Repubblica? Fin dagli esordi dell’avventura del Professore a palazzo Chigi l’indicatore politico generale ha puntato dritto verso un suo prossimo impegno sul Colle più alto anziché al governo. Pare che Napolitano (all’epoca si disse che si era scelto il suo successore) non abbia mai perso la bussola di questa rotta, considerando anche abbastanza pericolosa l’idea di non dare all’Italia un nuovo governo politico dopo le elezioni in favore di una prosecuzione dell’avventura tecnica. Ora, sgombrando il campo da ogni malinteso possibile, il Capo dello Stato ha voluto riportare chiarezza. Sulle sue intenzione, ma anche sul futuro di Monti. Casini e Montezemolo non potranno più usarlo per trovare spazio e voti nel largo bacino elettorale di centrodestra lasciato orfano da Berlusconi; Monti, forse, darà comunque loro una mano, per opportunità più che per gratitudine ma, soprattutto, si terrà “libero” per gli impegni del dopo. E non è detto che al Quirinale, poi, si sia condannati a fare solo da notai…