Lunedì prossimo, con l'apertura delle buste, si saprà chi fa sul serio. Tra i pretendenti anche Strabag e Fondo strategico italiano. Ma gli occhi sono tutti puntati su Gavio. Sette anni fa il padre Marcellino vendette le sue azioni a peso d'oro alla Provincia di Milano di Penati. Ora il figlio Beniamino potrebbe ricomprarsele per la metà
In pole position il gruppo Gavio, Gamberale, Toto e Benetton alla finestra e anche gli austriaci di Strabag e il Fondo Strategico italiano buttano un occhio. Sono questi i nomi in corsa per l’acquisto dell’80% di Serravalle, il terzo gruppo autostradale del Paese, la più grande privatizzazione oggi in Italia sul fronte delle infrastrutture. Sei società che, secondo i ben informati, avrebbero richiesto l’accesso alla data room per visionare la documentazione. In palio le tangenziali di Milano e le opere strategiche per Expo ancora sulla carta (Tem, Pedemontana e quote di Brebemi).
Lunedì prossimo, con l’apertura delle buste, si saprà chi tra i concorrenti giocherà davvero la partita e chi invece passerà la mano. L’acquirente dovrà mettere subito sul tavolo 657,7 milioni, pari a un valore unitario medio dell’azione di 4,45 euro, ma dovrà farsi anche carico dei debiti della società, dell’equity e dei costi di avanzamento lavori delle controllate. Una mole di investimenti che sfiora i 3 miliardi. Si pensava non ci sarebbe stata la fila, anche per via dei margini ristretti della concessione (2028), del calo generalizzato della redditività delle autostrade e infine per l’ipotesi ventilata di un ulteriore ribasso del 20% in caso la prima asta vada deserta. E invece, a quanto pare, il parterre è affollato e vede in pole position i signori delle autostrade, investitori istituzionali e costruttori. Quindi, i soliti nomi con lo stesso appetito.
Occhi puntati, ovviamente, sulla holding di Tortona. Marcellino Gavio sette anni fa vendette a peso d’oro le sue azioni alla Provincia di Milano di Penati e ora il figlio Beniamino che ne ha raccolto l’eredità potrebbe ricomprarsele per la metà. Del resto è già azionista al 14%, ha il 9% della Tem e il 12,75% di Brebemi. Mettere le mani su Serravalle avrebbe una logica industriale di controllo assoluto al Nord. Con l’acquisto della Torino-Savona ha chiuso il triangolo Emilia-Liguria-Piemonte e ha consolidato il ruolo di secondo concessionario del Paese alle spalle dei Benetton, soci di controllo di Atlantia. Anche il costruttore teatino Carlo Toto scruta il terreno dopo aver spostato il proprio business dai cieli alle strade, con l’acquisto del 100% della Strada dei Parchi che va da Roma all’Abruzzo. Secondo gli esperti finanziari non avrebbe però in tasca il miliardo che serve subito e quanto serve per portare a compimento i progetti.
Gamberale con il suo fondo F2i sarebbe tentato da Serravalle. E’ il suo business, insieme agli aeroporti e la rete gas. Forse quello cui tiene di più, avendo gestito Autostrade per l’Italia prima di Castellucci. Il suo è un fondo liquido-istituzionale con Cassa Depositi e Prestiti, fondazioni e banche (Unicredit) e se ha soldi da investire lo può fare solo in Italia perché a questo perimetro lo vincola il fondo istituzionale. E altre grandi operazioni di analoga portata non se ne vedono. In qualche modo è costretto a “vedere”. Dentro anche Strabag, l’impresa austro-russa di costruzioni e concessioni autostradali. In realtà per loro il cammino presenta degli ostacoli in più rispetto ai concorrenti. La società infatti ha vinto l’appalto per la realizzazione di Pedemontana, una delle tre opere chiave della Lombardia e il conflitto di interessi potrebbe esser dietro l’angolo: i costruttori dell’opera diventerebbero i committenti di se stessi. Fondo Autostradale Italiano probabilmente vuole solo guardare perché dietro c’è la Cdp come per F2i, stessa famiglia (hanno fatto l’operazione Metroweb insieme). La manifestazione di interesse potrebbe arrivare coordinata.