La nostra costituzione non impone che il capo del governo sia un membro del Parlamento, né impedisce che un qualunque cittadino possa, se ci riesce, convincere il Presidente della Repubblica a dargli l’incarico di formare un governo e poi un numero sufficiente di parlamentari eletti a dare la fiducia all’esecutivo che propone.
La nostra costituzione, tra l’altro, prescrive che il Presidente della Repubblica dia l’incarico a una persona di sua scelta di formare il governo, investendolo così del potere di scegliere in totale autonomia chi presiederà il governo e della responsabilità di scegliere persona capace ma soprattutto in grado di ottenere la fiducia del Parlamento.
Neppure se il Capo dello Stato decidesse di derogare dall’usanza consolidata di consultare i rappresentanti dei partiti prima di assegnare l’incarico al Primo Ministro in pectore farebbe cosa contraria alla costituzione anche se si esporrebbe al rischio di possibili brutte figure.
Dunque le dichiarazioni del Presidente Napolitano con le quali precisa che Monti essendo senatore a vita non può candidarsi ma può essere richiesto di un impegno dopo le elezioni che senso hanno? Per inciso – e con un po’ di vena polemica – , Monti potrebbe dimettersi da senatore a vita e candidarsi alle elezioni, cosa lo vieta?
Forse il Presidente della Repubblica intendeva spiegarci il già noto? In tal caso avrebbe potuto essere più preciso e indicare che lo stesso ruolo di “consigliere” o di “coinvolto ex post” potrebbe esercitarlo chiunque altro; che so, Grillo – che non si candiderà – , oppure Geronimo Qualunquetti , ammesso che esista. Non lo ha fatto e ciò lascia pensare che le dichiarazioni di Napolitano non fossero una semplice spiegazione di meccanismi conosciuti ma l’esercizio di una (non) sottile arte della persuasione; insomma: una scelta qualitativa per la quale Monti va bene a priori e Grillo o Qualunquetti no e un suggerimento ex cathedra ai partiti a dare priorità non al mandato ricevuto dagli elettori ma al “progetto Monti”; un po’ di marketing e anche un “warning” agli elettori che dovranno recarsi alle urne.
E che dire de Il Sole 24 ore che pubblica un sondaggio in base al quale Matteo Renzi, se vincesse le primarie, potrebbe poi vincere le elezioni meglio di quanto non potrebbe Bersani? Il motivo sarebbe che per Renzi voterebbero anche gli elettori delusi dal Pdl.
Un lettore sprovveduto come me potrebbe concludere che probabilmente Renzi si sta candidando per il partito sbagliato e che dovrebbe creare una coalizione sua nella quale confluirebbero elettori dai vari schieramenti. Inoltre, sempre per rimanere nell’ovvio, anche un candidato che presentandosi nel centro destra professasse idee più vicine alla sinistra che alla sua area di appartenenza avrebbe grandi possibilità di aggiungere un po’ di voti dall’area opposta a quelli che avrebbe dalla “sua gente”. Ma non si vede traccia di sondaggi che valutino uno scenario del genere. Anche qui il sospetto – a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si indovina, tanto per citare Giulio Andreotti – è che sia di nuovo in campo la (non) sottile arte della persuasione, stavolta finalizzata a far riflettere gli elettori delle primarie del centrosinistra.
Insomma, nel raccontare l’ovvio e il già saputo sembra di leggere una pressione finalizzata a orientare il voto e il dopo voto; intendiamoci, ciascuno è libero di sostenere il candidato e il progetto politico che preferisce, ma il Presidente della Repubblica e i sondaggisti ed editorialisti, l’uno per il suo ruolo super partes e gli altri per l’esercizio della loro professione che dovrebbe tendere a rappresentare la realtà e non a influenzarla, potrebbero astenersi dall’utilizzare ruoli e mezzi di comunicazione per dipingere solo alcuni scenari e non tutti quelli possibili.
Essendo poi impossibile delineare tutti gli scenari, forse la saggezza suggerirebbe di lasciare che il meccanismo elettorale faccia fatalmente il suo corso e che i cittadini – che sono meno fessi di quanto possa sembrare ad alcuni – esprimano il loro consenso o dissenso informato – qualsiasi esso sia. Fermo restando che se un popolo nella sua maggioranza decide per soluzioni sgradite, suicide o disdicevoli – secondo i punti di vista, ovviamente – resta pur sempre il popolo sovrano. Chi non condivide le scelte del popolo sovrano può sempre emigrare altrove, al momento la Costituzione è quella che abbiamo e non prevede alternative di sagrestia; almeno non democratiche e costituzionali.
E preciso che quanto sopra prescinde dal mio pensiero circa le qualità dei vari schieramenti e candidati ma è una semplice considerazione di opportunità e di rispetto.