Mi sono imbattuto ieri sera in una puntata della fiction di Raitre “Un posto al sole“. Mentre seguivo i piccoli e i grandi drammi familiari, i tradimenti, le incomprensioni (che sono gli ingredienti di ogni soap) la telecamera si sposta all’interno di un palazzo di Napoli dove uno degli attori, che interpreta il ruolo di un ardimentoso magistrato, presenta un libro sui beni confiscati alla mafia, cita le parole di Don Ciotti e le attività coraggiose di Libera contro la criminalità.
Abitualmente non seguo questa né altre fiction ma mi sono informato. E ho scoperto che in “Un Posto al sole” oltre all’integerrimo magistrato Eugenio Nicotera tra i protagonisti c’è Michele Saviani, giornalista radiofonico anticamorra con saldi principi di lealtà e giustizia; c’è una donna, Giulia Poggi, che è scesa dai quartieri alti per immergersi nella cruda realtà di un quartiere degradato e coordina un centro d’ascolto; c’è un giovane, Gianluca Palladini che arriva a denunciare il padre perché lo scopre invischiato in operazioni di smaltimento dei rifiuti con la camorra; c’è Franco un istruttore di box che si getta all’inseguimento di piccoli delinquenti per portarli in palestra e offrire loro un’alternativa alla strada… E c’è la sua compagna Angela vittima di violenza sessuale e che ha trovato la forza di reagire, andare avanti e impegnarsi nel sociale.
La televisione è un elettrodomestico. Crea prodotti di consumo ma talvolta, fortunatamente, anche spunti di riflessione.
Ci auguriamo che, in questa triste era dei bavagli e delle intimidazioni preventive all’informazione e alle voci sgradite nessuno chieda agli autori di “Un Posto al sole” di correggere la linea e uniformarsi alle classiche soap, con più temi rosa e meno storie di cronaca, riducendo così il rischio della crescita civile tra i telespettatori…
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