Con la visita effettuata a Gaza il 23 ottobre, alla vigilia della festa musulmana di Eid al-Adha, l’emiro del Qatar sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani si è accreditato come la pedina più importante nel nuovo scacchiere mediorientale e mediterraneo, ridisegnato dalle rivolte arabe. Al Thani è infatti il primo capo di stato straniero a visitare Gaza da quando nel 2007 Hamas ne ha assunto il controllo. Una visita di sei ore, in compagnia della moglie Sheikha Mozah, il cui picco è stato un discorso all’Università Islamica nel quale l’emiro ha promesso ad Hamas oltre 400 milioni di dollari in aiuti. Da allora nei territori è tutto un florilegio di bandiere biancomarroni e di mega poster stradali in cui la paciosa faccia dell’emiro promette un futuro radioso allo stremato popolo palestinese. E questa è solo l’ultima mossa nella strategia di comunicazione attraverso cui Al Thani vuole porsi come il mediatore principale tra gli interessi occidentali e il Medio Oriente, con lo scopo di isolare definitivamente l’Iran.
Storico alleato degli Usa, il Qatar sunnita di Al Thani ha approfittato delle primavere arabe per stringere relazioni con le nuove e vecchie forze dell’Islam politico, come l’Egitto del presidente Morsi e la Turchia di Erdogan. C’erano loro, insieme al capo di Hamas Meshaal (che infatti ha trasferito la propria residenza da Damasco a Doha), al Cairo pochi giorni fa a discutere delle prospettive di pace nei territori occupati. L’obiettivo di Al Thani, anche tramite i 400 milioni promessi ad Hamas – e finora mai arrivati, anche se l’altro giorno il Doha Gulf Times prometteva altri 10 milioni di aiuti immediati ai medici palestinesi – non è tanto quello di sovvenzionare un’impossibile guerra a Israele, né di rompere ancor di più le instabili relazioni tra Fatah e Hamas, quanto di rendere l’intera leadership palestinese indipendente dagli aiuti iraniani. Dopo aver sovvenzionato le rivolte anti Gheddafi, Al Thani è infatti in prima linea nel sostegno alle rivolte siriane contro il regime filoiraniano di Bashar Assad. Per conto di chi sia in missione, non è difficile da capire.
Perché i rapporti tra Doha e Occidente sono sempre stati strettissimi, e hanno subito un’accelerata improvvisa dal punto di vista della comunicazione. Innanzitutto con il network televisivo Al Jazeera, la cui copertura delle primavere arabe è stata lodata dal Segretario di Stato statunitense Clinton. E poi con il calcio, la nuova prosecuzione della politica con altri mezzi, il cui culmine è stato l’assegnazione dei Mondiali 2022 all’emirato. Primo capo di stato estero ad essere ricevuto da Hollande al momento della sua elezione, Al Thani in Francia non si è limitato alle solite operazioni immobiliari o all’acquisto in sovrapprezzo degli airbus transalpini, ma è entrato di prepotenza sulle prime pagine dei giornali attraverso l’acquisto della società di calcio del Paris Saint-Germain, che in pochi anni ha trasformato in una potenza planetaria. Poche centinaia di chilometri di distanza e molti legami famigliari, l’assalto al calcio europeo è stato preceduto dall’acquisto del Manchester City da parte dell’erede al trono della famiglia reale di Abu Dhabi, e seguito dall’acquisto del Malaga da parte dello sceicco Abdullah bin Nassar Al Thani, cugino dell’emiro del Qatar.
Ma la ciliegina sulla torta è stata la sponsorizzazione da parte di Al Thani del Barcellona, la squadra oggi più famosa al mondo e che mai aveva avuto uno sponsor sulle sue maglie. Grazie ad un accordo di oltre 150 milioni per 5 anni, quasi un acquisto mascherato, prima attraverso la società no-profit Qatar Foundation e poi, dalla prossima stagione, con la Qatar Airways sulla maglia di Messi. Fuori dal calcio, tra le operazioni più ‘spettacolari’ la Qatar Investment Authority, fondo sovrano del Qatar con un patrimonio di oltre 60 miliardi di dollari, ha recentemente acquistato anche i magazzini Harrods, mezzo quartiere di Chelsea e il Villaggio Olimpico a Londra, la casa di produzione hollywoodiana Miramax a New York e la casa di moda Valentino a Milano. Il Qatar è la terza riserva al mondo di gas naturale liquido e il pil del Paese è cresciuto drasticamente negli ultimi anni fino a superare i 170 miliardi di dollari: non stupisce quindi che anche il Presidente del consiglio Monti sia andato pochi giorni fa col cappello in mano a Doha a stringere accordi.
Oggi Al Thani ha deciso di uscire dal cono d’ombra, e di esporsi pubblicamente in tutta la sua potenza diventando a suon di petroldollari il nuovo referente politico nei rapporti tra Occidente e Medio Oriente. E la scelta di intervenire in prima persona nel conflitto israelo-palestinese, sicuramente il più pubblicizzato a livello mondiale, è figlia della medesima strategia comunicativa impregnata di televisione e calcio. Una strategia che tra l’altro l’Italia conosce bene, suo malgrado, come vincente.