Conoscere il Parkinson per combatterlo più efficacemente. E’ questo l’obiettivo della giornata nazionale dedicata a questa malattia che si svolge oggi in tutta Italia. Organizzata dalla Limpe (Lega italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson, le sindromi extrapiramidali e le demenze) e da Dismov-Sin (Associazione italiana disordini del movimento e malattia di Parkinson) questa giornata vede in molti ospedali italiani reparti aperti, con specialisti pronti a rispondere ai quesiti di quanti vogliono saperne di più su questa malattia.
Il morbo di Parkinson, che in Italia colpisce circa 250mila persone, è stato spesso definito la malattia delle grandi menti: ne sono stati affetti in passato Papa Giovanni Paolo II, il leader palestinese Yasser Arafat, il dittatore tedesco Adolf Hitler e l’ex pugile Muhammad Ali. Si tratta – come spiega il professor Fabrizio Stocchi, direttore del Centro per lo studio e la cura del morbo di Parkinson e disturbi del movimento dell’Ircss San Raffaele Pisana di Roma – di una patologia neurodegenerativa, nella quale cioè c’è la degenerazione di alcune cellule che si trovano all’interno del cervello, che rallenta alcuni “automatismi” come guidare e camminare. La patologia si manifesta in genere a partire dai 60 anni di età, ma sempre più di frequente ne risultano affette persone anche più giovani, a partire dai 30-40 anni.
“L’esordio è in genere con sintomi motori, che possono essere una sorta di campanello d’allarme – spiega Stocchi – ad esempio movimenti rallentanti, tremore (anche se non in tutti i casi), rigidità muscolare, perdita di espressione facciale “. “A questi poi possono associarsi perdita dell’olfatto, stipsi, depressione, forte agitazione durante il sonno”. Per combattere efficacemente il Parkinson che, come spiega lo specialista, “è una patologia che ha un buon successo terapeutico, con i sintomi che si riescono a tenere sotto controllo anche per un periodo lungo di tempo”, l’arma in più è una diagnosi precoce. Non è però facile farla, considerato anche che – come spiega il professor Alberto Albanese dell’Ircss Carlo Besta di Milano – non esistono particolari regole di prevenzione generali, né in termini di stili di vita da adottare né in termini di alimentazione.
“Le diagnosi precoci sono possibili nei casi di persone che hanno avuto già in famiglia episodi di Parkinson” spiega Albanese. “Una volta fatta la diagnosi l’aderenza alla terapia farmacologica è molto importante, come accade in tutte le patologie croniche”, spiega il professore, che evidenzia come stia molto crescendo a livello tecnologico la chirurgia del Parkinson. “Si sta ad esempio lavorando molto sulla stimolazione elettrica del cervello” spiega Albanese, e poi ci sono le terapie geniche che stanno progredendo. Ma se questo è l’approccio medico-scientifico come vivono la malattia e cosa chiedono per migliorare la qualità della loro vita i pazienti? “I malati di Parkinson sono persone che in genere hanno vergogna della loro malattia, quasi fosse una colpa. Quelli più giovani in particolare hanno spesso problemi di coppia e di inserimento sociale” spiega Marisa Boati, vicepresidente Aip (Associazione italiana parkinsoniani). “Per migliorare la qualità di vita le battaglie che stiamo conducendo sono essenzialmente due – conclude Boati – quella per la fisioterapia gratuita tutti i giorni e quella per l’utilizzo libero dei mezzi pubblici”.