Forse saranno
tre milioni gli italiani che oggi parteciperanno alle
primarie del centrosinistra, forse anche di più ma se anche si presentasse ai seggi soltanto quel milione e mezzo di persone che si sono già iscritte al voto sarebbe un
miracolo della democrazia. Non veniamo forse dagli anni più bui della politica italiana? L’orgia del potere berlusconiano, le leggi vergogna, la corruzione elevata a principio, il denaro pubblico sperperato da cricche e caste, il duplice, infame record dell’evasione fiscale e della pressione fiscale, le imprese che chiudono, i lavoratori a spasso e dei giovani, poveri giovani che ne parliamo a fare?
Insomma, lo
sfacelo civile e morale davanti al quale una parte della nazione reagisce mettendosi in fila e poi rimettendosi in fila sopportando lunghe attese e complicazioni burocratiche con l’unico, evidente scopo di scrivere un nome sopra una scheda. Perché lo fanno? Già qualche leader, passato o futuro prova a gonfiare il petto per accaparrarsi il merito per quelle benemerite file. Per favore, non ci provino. In queste settimane, al di là delle varie storie politiche (alcune dignitose, altre meno) il dibattito tra Bersani, Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci è sembrato abbastanza fumoso e senza una idea una sul futuro dell’Italia capace di fare battere il cuore. Del resto, questo è quello che passa il convento e l’imbarazzante piazzata per strapparsi una
comparsata al Tg1 la dice lunga su certi vizi duri a morire.
Ma no, il merito di questa grande testimonianza democratica è quasi esclusivamente di quel milione e mezzo di persone che si sono messe in fila per votare che oggi potrebbero diventare molti di più. Dice un vecchio aforisma che democrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta che abbiamo bisogno di lui. Per il popolo rispondere anche stavolta è quasi una forma di eroismo dopo i tanti schiaffi ricevuti. Chi vince ne tenga conto e non disperda gli impegni nella solita nuvola di parole al vento. L’impressione è che difficilmente avrà (e avranno) una prova d’appello.
Il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2012