“Viaggio con Anita è il film più privato che Fellini abbia scritto, quello in cui si mette più a nudo. Non è un caso, credo, che non l’abbia realizzato”. Spiega così il regista marchigiano Luca Magi che con Anita porta al Torino Film Festival, proiezione ufficiale mercoledì 28 novembre, uno dei progetti incompiuti del maestro riminese.
Ispirandosi al trattamento inedito di Federico Fellini, Viaggio con Anita, Magi ci conduce attraverso un’Italia segreta, lontana dai percorsi battuti, sulle tracce di Guido e Anita e del loro viaggio per raggiungere il padre di Guido sul letto di morte. Un viaggio coast-to-coast di due amanti attraverso alcuni dei luoghi più incantevoli dell’Italia centrale: Civita di Bagnoregio, borgo abbandonato sospeso su una vallata di calanchi, Monterchi con la sua celebre Madonna del Parto, già raccontata da registi come Zurlini e Tarkovskij, la Gola del Furlo, scenario lunare nell’entroterra marchigiano, per arrivare a Fano, che nell’immaginario di Fellini rappresentava la Rimini della sua infanzia. In Anita questi luoghi da sfondi diventano veri e propri protagonisti, in un dialogo continuo con il senso profondo della storia.
Il risultato è un film dal forte impatto visivo, fatto di incontri e personaggi senza tempo trovati lungo il percorso del viaggio immaginario dei due amanti, con una particolarità non di poco conto: il film è il risultato originale dell’uso inedito di immagini d’archivio.
“Il nucleo della mia ricerca artistica è sempre stato il lavoro sul tempo”, racconta Magi, “Ad attrarmi in Anita è stata probabilmente proprio questa sfida: cercare di evocare il tempo di una storia che appartiene al passato, ma non è mai stata; che è finzionale, ma reca tracce nella realtà. È sulla traduzione di questo paradosso che si è concentrato tutto il mio sforzo creativo, nel tentativo di realizzare un’opera in grado di coniugare procedimento artistico e presa documentaria”.
Frutto di quattro anni di intenso lavoro, in Anita le vicende dei due amanti si intersecano con quelle dei personaggi trovati nella realtà. Alcune volte si tratta di intersezioni narrative (Guido e Anita incontrano operai che noi oggi andiamo a ritrovare); altre volte tematiche (il pescatore, nell’episodio finale, è una sorta di doppio di Guido); in altri casi di entrambe le cose: “Anche nell’utilizzo dell’archivio ho lavorato su un doppio binario, narrativo e simbolico. In certi casi i filmati amatoriali evocano le vicende dei due protagonisti; in altri, gli archivi alludono invece al simbolismo sotterraneo che percorre tutto il film (il mare)”.
“Il mio rapporto con l’immagine e in generale il disegno ha condizionato molto il mio modo di concepire il film”, – prosegue -, “Inizialmente la storia di Guido e Anita avrebbe dovuto essere raccontata attraverso il cinema d’animazione. Era già pronto uno story-board, ma dopo l’incontro con gli home movies mi sono reso conto che lavorare con materiale d’archivio sarebbe stato più efficace. Ho passato due mesi chiuso in archivio, con i disegni preparatori in testa, a studiare i filmini amatoriali”.
Viaggio con Anita è un trattamento scritto da Federico Fellini e da Tullio Pinelli nel 1957 alla cui stesura ha contribuito anche Pier Paolo Pasolini. Inedito in Italia – l’unica edizione disponibile è americana (Moraldo in the city and A Journey with Anita, a cura di J.C. Stubbs, University of Illinois Press, 1983) – è uno dei tre grandi “viaggi”, assieme al Mastorna e a Tulun, che Fellini non realizzò mai. Nel 1989, in un’intervista rilasciata a Virgilio Fantuzzi su Civiltà Cattolica, Fellini dichiarò: “Il soggetto cinematografico, forse il più bello che ho scritto, ma che poi non ho realizzato, s’intitolava Viaggio con Anita. L’ho venduto tanti anni dopo, un po’ vergognosamente, a Grimaldi, che lo ha fatto realizzare a Monicelli, ma è diventato tutto un’altra cosa. Se ho un pentimento è riferito al fatto di non aver realizzato quel film”.
Anita è prodotto da Kiné, Vezfilm e dalla bolognese Home Movies.