I progressisti sono prigionieri di vecchi modi di pensare. Come si esce dalla crisi? Molti in questo momento propongono di aumentare le tasse ai ricchi. Come funzionerebbe? Tassare di più chi guadagna al di sopra di un milione di euro è una bella idea, moralmente giusta. Ma in una situazione drammatica come quella italiana dovremmo chiederci anche se è un’idea funzionante, se ottiene lo scopo.
Uno dei più grossi problemi italiani è che le aziende straniere non investono in Italia. Vanno altrove per tre semplici motivi: la burocrazia folle costringe ad aspettare anni per iniziare qualunque attività, altrove bastano pochi mesi. L’energia costa il 30% in più della media europea. Le tasse sono le più alte del mondo. Alziamole ulteriormente e potremo mettere una pietra sopra agli investimenti stranieri. Possiamo permettercelo con la situazione di disoccupazione che c’è? Non credo proprio.
Un’altra proposta sulla quale batte una certa sinistra è quella di sbloccare il patto di stabilità per gli investimenti che permettono risparmi futuri. Cioè si potrebbe aumentare il debito pubblico italiano per costruire impianti fotovoltaici su tutti i tetti dei pubblici uffici. Infatti, questo porterebbe a un successivo risparmio notevole e ampiamente in grado di ripagare il debito e contemporaneamente rimpinguare le casse dello stato.
Anche questo è un discorso sensato, in sé. Ma anche in questo caso dobbiamo chiederci: si può fare?
Il discorso qui si fa cruciale. Bisogna rispondere alla domanda centrale a proposito della crisi.
Ipotesi 1
Essa è causata dal capitalismo internazionale assetato di denaro, che specula, delocalizza e affama il mondo.
Ipotesi 2
Uguale alla 1 ma con un’aggiunta: in Italia la crisi dipende solo in parte dalle condizioni internazionali. L’Italia è stata impoverita da una colossale rapina perpetrata da una casta politica collusa con imprenditori furbastri e disonesti e a volte pure con le forze mafiose. Se l’Italia recuperasse un terzo dei soldi che si buttano via non saremmo in crisi manco per il cavolo.
La maggioranza dei leader progressisti sostiene l’ipotesi 1. Ne è la prova che solo raramente si sente dire che tra lentezze burocratiche e della giustizia, corruzione, spreco, privilegi dei politici, evasione fiscale, mafia, l’Italia butta la cesso più di 500 miliardi di euro all’anno.
Il fatto che il sistema Italia sia concepito per buttare via i soldi è oggi l’elemento fondamentale che rende l’Italia inaffidabile agli occhi degli investitori ed è la principale ragione per cui paghiamo interessi spaventosi sul debito.
Se a un governo di centro sinistra toccasse il vincolo del pareggio di bilancio, prima di aver recuperato una quota di questo sperpero, ci troveremmo a pagare interessi sul debito al livello dei poveri greci.
Ma quel che mi avvilisce ascoltando i discorsi di tanti compagni è che manca è la dimensione del sogno. Enrico e Finaz della Bandabardò mi hanno raccontato il loro viaggio in Chapas. La cosa che più mi ha stupito è che questi ribelli maya guardano il mondo in modo completamente diverso. Durante un corso di pensiero zapatista i Bandabardò si sono sentiti chiedere: “Quali sono le direzione nelle quali puoi muoverti?”
E loro hanno risposto logicamente che sono 6: sopra e sotto, avanti e indietro, destra e sinistra. E l’istruttore zapatista: “Dimenticate la settima direzione, quella più importante, il sogno.”
Ecco, io a sinistra vedo poca gente che ha dei sogni. E non credo che si possa fare una rivoluzione culturale senza sogni. E non credo che si possa uscire da questa crisi senza una rivoluzione culturale che rifondi il senso della collettività. Gli zapatisti insistono su questo: da solo non puoi vivere bene, tu fai parte di una collettività! La frazione dominante della cultura occidentale dimentica il sogno e il senso della comunità umana.
Il sogno nutre la creatività e senza creatività le situazioni complesse non si risolvono. Per non rischiare di fare un discorso che risulti campato per aria vorrei provare a calarlo nella realtà. L’esercizio di sognare potrebbe portare a immaginare che cosa succederebbe in Italia se si allentasse la morsa della lentezza burocratica, dello spreco e della corruzione. Oggi queste tre piaghe determinano un grave danno a chi ha voglia di fare impresa. In Italia migliaia di giovani vedono stroncati i loro progetti prima di poterli verificare nella pratica: lo sforzo per superare i muri burocratici esaurisce le energie prima che si riesca ad raggiungere la linea di partenza. Le politiche dei governi non sono indirizzate all’innovazione. Non c’è un indirizzo dello sviluppo che premia le idee e il merito. La corruzione e i gruppi lobbisti impediscono la libera concorrenza. È una tassa nascosta per le imprese che è stata quantificata tra il 10 e il 20%. Che cosa succederebbe se questa morsa fosse allentata? Quali energie si libererebbero? Quanti nuovi posti di lavoro si creerebbero? Quanti punti del Pil guadagneremmo?
Ma il sogno potrebbe andare oltre. Io immagino che domani Bersani e la Camusso si accordino per creare un gruppo d’acquisto nazionale che permetta ai lavoratori di ottenere sconti tra il 20 e il 30% su tutti i prodotti e i servizi, dalle auto, alle assicurazioni, dalle scarpe alla telefonia. In Germania questo sistema di gruppi di acquisto globale garantisce ai lavoratori Volkswagen una valorizzazione del loro potere d’acquisto pari a due stipendi all’anno. E se anche “solo” 3 milioni di consumatori si consociassero potrebbero pretendere di comprare prodotti che non sono programmati per rompersi e che sono realizzati rispettando i lavoratori e l’ambiente.
Le ricadute positive sarebbero enormi… E si dimostrerebbe pure che le risposte collettive ai problemi sono le migliori, determinando anche un miglioramento del senso della solidarietà sociale e della collettività…
Mi fermo qui perché i miei sogni viaggiano troppo velocemente.