Una “rappresaglia” che riguarda 5 mila lavoratori che rischiano di perdere definitivamente il lavoro. La Fiom bolla così l’ultima mossa dei padroni dell’Ilva: la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti quelli che vi dipendono. ”L’azienda sta comunicando in questo momento che da stasera fermano gli impianti di tutta l’area a freddo. Noi invitiamo invece i lavoratori che devono finire il turno a rimanere al loro posto e a quelli che montando domani mattina di presentarsi regolarmente” racconta all’Ansa il segretario della Fiom Cgil di Taranto Donato Stefanelli. “Questo atteggiamento ricattatorio andate a casa – aggiunge Stefanelli – non esiste. Abbiamo chiesto cosa significa sul piano lavorativo, ma non lo sanno nemmeno loro. E’ un’azienda allo sbando e l’unica cosa che sa fare è mettere in atto una rappresaglia. Hanno subito stamattina i provvedimenti giudiziari e ora scaricano tutto sui lavoratori”. Proprio questa mattina il gip di Taranto ha ordinato altri sette arresti nell’ambito dell’inchiesta che aveva già portato al sequestro degli impianti a caldo. Il sindacalista fa presente che le organizzazioni dei lavoratori stanno valutando “le cose da fare” e hanno già sollecitato “il governo Monti a convocare immediatamente il tavolo nazionale suul’Ilva. Se il Governo – sottolinea Stefanelli – continuerà a tergiversare, noi nei prossimi giorni saremo tutti sotto Palazzo Chigi”.
Tutti i sindacati hanno indetto uno sciopero dei lavoratori a partire da lunedì sera e per giovedì 29 novembre è prevista una manifestazione a Roma. “I Riva – si legge in una nota del sindacato – giocano duro e i lavoratori devono fare altrettanto”. Previsti anche sit in davanti all’impianto.
“Dopo i fatti di oggi all’Ilva di Taranto, riteniamo ancora più urgente che il presidente del consiglio Monti convochi immediatamente un incontro a Palazzo Chigi, come già richiesto unitariamente il 20 novembre scorso dalle organizzazioni sindacali” scrive in una nota il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini. A questo punto, “è il governo in prima persona che deve assumersi la responsabilità e la salvaguardia della salute e dell’occupazione, non solo a Taranto, ma in tutto il gruppo”. Il settore siderurgico continua Landini “è un’attività strategica per un Paese che vuole avere un’industria all’avanguardia, innovativa e ambientalmente sostenibile”. E’ necessario convocare, conclude inoltre il segretario generale Fiom, “le assemblee con i lavoratori e, in assenza di risposte rapide dal Governo, è necessario mettere in campo le iniziative di mobilitazione già decise e anticipare la manifestazione a Roma dei lavoratori dell’Ilva, fissata per il 13 dicembre”.
Sulla questione interviene anche la Fim Cisl che, come la Fiom, sollecita una convocazione urgente da parte del premier. “Dal 20 novembre – dichiara il segretario nazionale Fim Cisl Marco Bentivogli – abbiamo inviato la richiesta d’incontro come Fim-Fiom-Uilm e Cgil-Cisl-Uil Nazionali e alla luce degli ultimi sviluppi è opportuno non far trascorrere altro tempo. L’azienda ci ha appena comunicato la chiusura, pressoché immediata di ‘tutta l’area attualmente non sottoposta a sequestro’ e ciò riguarda oltre 5.000 lavoratori a cui si aggiungerebbero a cascata, nel giro di pochi giorni i lavoratori di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica”.
E anche da Genova il sindacato fa sentire la sua voce: “La situazione venutasi a creare all’Ilva di Taranto rischia di portare alla chiusura anche gli stabilimenti di Genova, dove lavorano 1.760 persone – spiega il segretario della Fiom di Genova, Francesco Grondona – Senza Taranto, Genova ha un’autonomia di quattro giorni. Aspettiamo per capire meglio quanto sta accadendo, ma una cosa è certa: non saremo gli agnelli sacrificali di nessuno. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di chiusura. Se così fosse, allora muoia Sansone con tutti i filistei”. Nel frattempo, Genova si accinge a vedere in piazza domani, in occasione dello sciopero unitario dei metalmeccanici, un corteo dei lavoratori di Ansaldo Energia. Raggiungeranno la sede del Consiglio regionale, dove è prevista una riunione straordinaria congiunta dei Consigli Comunale e Regionale.
Sulla decisione dell’azienda si è espresso anche il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, secondo cui “chi oggi si assume la responsabilità di chiudere l’Ilva a fronte dell’autorizzazione integrata ambientale che abbiamo rilasciato si assume la responsabilità di un rischio ambientale che potrebbe durare anni e potrebbe non essere risanabile nel breve periodo”. ”Il procedimento giudiziario – ha spiegato Clini – è appena avviato e di conseguenza il contenzioso che si apre rischia di durare anni. Con la chiusura c’è il rischio che la vicenda si trascini per anni”. In tal senso, i tempi per la bonifica possono essere incerti e quindi c’è il rischio di “contaminazione ambientale, del suolo e delle acque. Sono un ministro di un governo che sta affrontando le emergenze fra le quali anche quelle che riguardano il lavoro e la situazione sociale”.
Non si è fatta attendere la risposta del governo all’appello dei sindacati, tanto che Monti ha convocato per giovedì prossimo alle 15 a palazzo Chigi le parti sociali e le istituzioni locali per discutere del dossier Ilva. E’ quanto riferisce l’Ufficio stampa attraverso Twitter.