Torno a scrivere. Torno a farlo su questo blog. Avevo smesso per un motivo molto semplice: ero entrato nella campagna elettorale per le Primarie, come coordinatore dello staff social media di Nichi Vendola. Ho pensato che fosse irrispettoso parlare di Primarie da giocatore, anche dichiarandolo esplicitamente, perché non ho bisogno di farlo sul blog di una testata giornalistica quando avrei potuto tranquillamente farlo sui miei spazi privati. Qui scrivo analisi, o riflessioni personali. E qui devo provare a non far convivere alcun conflitto di interessi.
In realtà non ho scritto niente a favore di Vendola neanche su Facebook o su Twitter, o altrove. Penso che sia inutile ammorbare il proprio pubblico online ripetendo per cento volte lo stesso messaggio cambiato di forma, specie da posizioni come la mia. Si diventa tifosi. E in quanto tifosi, si diventa o ridondanti o poco credibili, e dunque si diventa rumore di fondo, o poco più, almeno nei confronti di chi non la pensa come te.
Ho preso questa decisione, però, soprattutto per un’altra ragione. Ho trovato triste due atteggiamenti di tantissimi giornalisti, analisti, sondaggisti, politologi, opinion leader della Rete (e non solo), l’uno speculare all’altro.
C’è stato un gruppo, molto grande, di persone che hanno dichiarato il loro endorsement e poi hanno continuato a fare analisi pseudo-neutre, magari rivendicando la terzietà e dunque l’indipendenza collegata al proprio ruolo accademico o professionale.
Può un sondaggista pro-Renzi commentare i propri sondaggi su Renzi? Sì, può farlo. È opportuno farlo? Ho qualche dubbio in più. È utile farlo per la campagna elettorale del candidato che si sostiene? I dubbi aumentano ulteriormente. Può una politologa pro-Bersani dire che Bersani sta facendo una buona campagna elettorale senza che il lettore pensi che questo giudizio è viziato dal coinvolgimento in quella campagna? Stesso discorso di prima.
C’è stato un altro gruppo di persone che ha adottato un atteggiamento a mio avviso ancor più triste: hanno scritto analisi, articoli, analizzato sondaggi, riflettuto sui linguaggi attribuendo un merito sistematico al proprio candidato favorito, anche negando evidenze contrarie in alcuni casi e poi, a pochi giorni o a poche ore dalle elezioni, hanno manifestato la propria intenzione di voto, muovendo nei loro lettori una serie interminabile e magari silenziosa di ‘ma và?’
Il punto più basso di questa distorsione è avvenuta a margine del confronto tv a cinque: ogni tifoseria sosteneva che aveva vinto il proprio candidato, e dopo un rapidissimo passaggio sulla bellezza dei confronti televisivi pacati e moderni, subito su Twitter a menarsele di santa ragione. Un’immagine tipica della boxe, dove i pugili che si contendono la vittoria ai punti vedono i loro rispettivi angoli esultare contemporaneamente per la vittoria.
Io penso che sia giusto fare le campagne elettorali ed esporsi in prima persona, a prescindere dal proprio ruolo professionale e che non ci siano ruoli per cui la partecipazione attiva alla campagna elettorale possa essere pregiudizialmente preclusa. Allo stesso tempo penso che in un’era che il Censis definisce ‘biomediatica’, in cui cioè ognuno di noi attraverso la condivisione di contenuti online e sui social media non sta semplicemente informando, ma può anche comunicare, convincere, persuadere qualcuno, si dovrebbe avere la forza di delimitare con nettezza, anche per un periodo di tempo limitato, il proprio ruolo. Se faccio campagna per un candidato, non faccio analisi sulla campagna elettorale. Se partecipo all’attività di un comitato elettorale, non scrivo articoli di giornale sulle Primarie fino a quando ci sto dentro. È un fatto di credibilità personale, prima di tutto.
Scrivere mi è mancato moltissimo, non entrare direttamente nell’agone della discussione ancor di più. Ma sono contento di aver scelto questa strada. Sono contento perché i miei lettori, che sanno perfettamente dove lavoro e cosa faccio di mestiere, possono sapere che, nel limite dei miei limiti, proverò sempre a separare nettamente i piani e a dichiarare altrettanto nettamente i miei conflitti.
Ho deciso che d’ora in poi, se non potrò parlare male di qualcosa, non vorrò neanche parlarne bene. In futuro vi terrò aggiornato sui miei conflitti di interesse potenziali e, dunque, sui miei ‘silenzi selettivi’ (esempio: se farò una campagna elettorale in una città per le Amministrative, eviterò di parlare di cosa accade in quella città per tutta la durata della campagna elettorale).
Oggi che le mie parole sono solo mie e che nessuno potrà mettere in dubbio gli scopi di questo post, posso finalmente dichiarare pubblicamente a chi è andato il mio voto. Banale dire che ho votato Nichi Vendola. Meno banale, forse, dire che lo avrei votato in ogni caso, anche se non avessi partecipato attivamente alla campagna elettorale, e che è stato uno dei voti più convinti della mia vita. Il motivo di questa scelta è molto semplice: l’ho votato perché dieci anni fa un pugliese si vergognava di essere pugliese, oggi invece ne va fiero. Questo, ne solo certo, non vale solo per me. È un processo simbolicamente potentissimo ed è merito di chi, in Puglia (e anche a Bari, la mia città, cioè Michele Emiliano) ha governato in questi ultimi anni.
Da oggi torno ad aggiornare con regolarità questo blog. Se scriverò un’analisi del voto delle Primarie, lo farò eventualmente dopo il ballottaggio. Quando sarò a tutti gli effetti un semplice analista dei media, e non un giocatore. A proposito, in bocca al lupo a tutti i giocatori, state facendo una splendida campagna elettorale.