Politica

Primarie, il funerale del leaderismo della Seconda Repubblica

L’alta partecipazione alle primarie ha confermato le aspettative. Anzi, è andata ben al di là. Le lunghe file ai gazebo elettorali sono una testimonianza di come i cittadini sentano la necessità di tornare protagonisti. Altro che allontanamento dalla politica. La vera rottamazione è stata nei confronti di un certo modo di fare politica. E ieri non è stata solo una festa democratica, ma il funerale del leader solitario. E’ iniziato un percorso, almeno c’è da augurarselo. Certo è che le primarie non sono e non debbono essere il punto di arrivo. Semmai l’inizio. E questo, chiunque vincerà tra sette giorni deve tenerlo ben chiaro in mente.

La contabilità è sicuramente positiva. Intanto perché le primarie hanno chiarito che il governo tecnico a Palazzo Chigi è stata una parentesi e che la politica è pronta a tornare in campo. Se il Premier Mario Monti vorrà scrivere ancora pagine delle sue idee di politica economica dovrà farlo con un mandato elettorale. E non nel campo del centrosinistra. Sotto questo punto di vista la posizione dei candidati alle primarie è chiara e indica una linea sicura. La campagna elettorale ha tracciato le linee di qualcosa che ancora non è un programma ma sembra somigliargli molto.

Ma le primarie del centrosinistra fanno anche altro. Segnano un solco profondo, incolmabile, con un centrodestra, arruffato e confuso. Non è ancora chiaro se il partito di Alfano farà le primarie, vittima dei cambi repentini di Silvio Berlusconi. Qualunque sia la scelta dei vertici del Pdl a questo punto è chiaro che l’implosione è avvenuta. E la miccia l’ha accesa proprio la partecipazione di domenica.

Il centrosinistra appare un cantiere rinnovato rispetto al passato. Potrà contare su un candidato di coalizione che avrà in dote un consenso che nasce da un processo politico articolato e partecipato. Ha, cioè, il pallino in mano e potrà giocare da “player” la sua partita.

Questo non lo mette al sicuro, però, da alcuni rischi, il primo dei quali, il più insidioso, è che il vincitore delle primarie, incassi il consenso e la partecipazione e interrompa il processo. Significherebbe riavvolgere il nastro, mentre il Paese non ne può più del leaderismo della Seconda Repubblica. L’altro rischio è che, dopo il ballottaggio, inizi una battaglia di posizionamento delle varie componenti interne al Pd. Speriamo proprio che questo spettacolo ci venga risparmiato. Perché la fiducia che i milioni di cittadini hanno dato mettendosi in fila per votare non è una cambiale in bianco.