Un grido e una follia meravigliosa nata dall’indignazione. Così Serena Dandini, conduttrice e autrice televisiva racconta “Ferite a morte”, uno spettacolo teatrale e molto di più, al teatro Duse di Bologna, venerdì 30 novembre. “E’ nato di pancia e dalla voglia di scrivere in un momento in cui tutti restano a guardare”. La nota conduttrice, per un periodo in pausa dal grande schermo, ha scelto i teatri di Palermo, Bologna e Genova per lanciare il suo spettacolo in difesa delle tante donne italiane vittime di femminicidio. Violenza perpetuata due volte, con un solo colpevole: chi si limita a guardare in silenzio.
“Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti non è affatto casuale. Questo spettacolo lo definirei una ‘Spoon river’ delle donne morte per femminicidio. Il problema è che le vittime di questi atti terribili sono uccise due volte, prima dal marito o compagno e poi dalla televisione che ne fa a brandelli le storie”. Ricostruire il racconto di persone innocenti, la cui vita è stata spezzata senza motivo e che cercheranno di rivivere sul palco. Concita De Gregorio, Micaela Ramazzotti, Silvia Avallone, Ambra Angiolini, Elisa, Josefa Idem e Lorella Zanardo: sono solo alcuni dei nomi delle donne chiamate a leggere le storie scritte e raccolte dalla stessa Serena Dandini. Mancano i rappresentanti delle istituzioni e della politica italiana, con una scelta specifica della stessa regista: “Non volevamo politici sul palco. A loro il compito di ascoltare almeno per una volta. Per esempio perché l’Italia non ha ancora ratificato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne? Il presidente Mario Monti non ha mai ricevuto il comitato della Convenzione “No More!”, che da tempo si batte sull’argomento”.
E se non ci saranno i politici, sul palco di Bologna, insieme alle tante lettrici d’eccezione, ci sarà Susanna Camusso: “Non certo per un comizio, ma darà il suo contributo”, dice la Dandini. Lo spettacolo è gratuito, la lista di lettrici cambia ad ogni tappa e nessuno riceve compenso, ma partecipa su base volontaria. Un’azione collettiva che richiede sforzo e impegno e che mette al centro la voce femminile. A supportare “Ferite a morte” a Bologna, è la stessa campagna di “Noi No: uomini contro la violenza sulle donne”, che, presentata l’ottobre scorso, chiede all’universo maschile di mettersi in gioco in prima persona. “Non ci sono gli uomini sul palco – conclude Serena Dandini – perché sono storie di donne che non hanno potuto dire la loro in un silenzio assordante. Vogliamo che almeno per un’ultima volta, le loro testimonianze possano essere ascoltate. E a raccontarle dev’essere una voce femminile”.
Serena Dandini da conduttrice televisiva a regista teatrale porta in scena la violenza sulle donne, e per farlo si circonda di consulenti scientifiche che possano fare luce su di una situazione quanto mai controversa. “Per me è un’esperienza unica – dice Maura Misiti, demografa e ricercatrice del Cnr, – poter usare lo strumento della drammaturgia per far entrare la ragione. Non dimentichiamo che non esistono dati ufficiali sul femminicidio e che si tratta sempre di un tema molto difficile da affrontare. Come contrastare il fenomeno? C’è bisogno di prevenzione ma anche di avere una rete di servizi sul territorio”. Per questo, lo spettacolo “Ferite a morte” vanta alcuni partner d’eccezione da sempre in prima fila nella protezione dei diritti delle donne. Una fitta rete tra servizi e progetti che possa cercare di presentare soluzioni ad una delle piaghe della società contemporanea. Prima fra tutti, la Casa delle donne di Bologna, che da anni osserva e contrasta il fenomeno. Ma i risultati non sono confortanti: l’Italia, sempre meno un paese per donne, è precipitata all’ottantesimo posto nella classifica mondiale stilata nel Global gender gap 2012 del World economic forum (scarica).
Tante le storie, con un nome e un volto che replicano a Bologna dopo il grande successo del teatro Biondo di Palermo. Un coro per chiedere il rispetto di diritti e vite a cui si associa il sindaco di Bologna Virginio Merola, che si presenta con la spilletta di “Noino.org” appesa alla giacca: “La nostra è una città da sempre in prima linea sulla questione. Prendiamo volentieri l’impegno di chiedere che la convenzione di Istanbul venga ratificata, ma ci tengo a sottolineare che la tutela dei diritti delle donne è sempre stata tra le nostre priorità. È uno dei pilastri fondamentali per una società democratica”.