“Attacca il nemico quando è debole” questo è uno dei grandi insegnamenti di Sun Tzu e sembra essere la migliore chiave di lettura per interpretare l’annuncio di Volkswagen di voler varare un piano di investimenti triennale da ben 50 miliardi di euro per lo sviluppo di nuovi modelli e l’apertura di nuovi impianti produttivi principalmente al di fuori dell’Europa.

I vertici della casa di Wolfsburg con questo colossale investimento hanno compiuto una mossa decisiva per sopravvivere alla crisi in corso, cercando di erodere quote di mercato dei diretti competitor che, così, rischiano di ritrovarsi fuori dai giochi.

In Italia invece le decisioni dei vertici Fiat vanno nell’esatta opposta direzione, non solo per la scelta di ridurre gli investimenti, ma addirittura di eliminare o ridurre lo storico e glorioso marchio “Lancia”.

Nonostante la crisi sempre più nera dell’industria automobilistica nazionale, però, nel nostro paese si continua a investire con decisione nella rete autostradale, al punto che il viceministro alle infrastrutture, Mario Caccia, ha annunciato che “si sta dando avvio a qualcosa come 900 chilometri di nuove autostrade, pari al 15% dell’intera rete“ con un costo a carico dello stato di circa 50 miliardi di euro.

Il Ministero delle Infrastrutture sembra quindi perseguire la stessa strategia della Volkswagen, con la semplice differenza che le autostrade, contrariamente alle automobili, non posso essere esportate e rimarranno a disposizione di una popolazione che solamente negli ultimi 2 anni ha ridotto del 6,2% i propri transiti in autostrada, di oltre il 15% la propria percorrenza media in automobile e che compie il 70% dei propri spostamenti su percorsi inferiori ai 10 km (quindi non in autostrada).

Visto che non possiamo credere che al ministero delle infrastrutture siano sfuggiti questi dati, è possibile che la nuova rete autostradale sia stata costruita unicamente per permettere agli operai del Baden-Württemberg di continuare per i prossimi anni a visitare il bel paese a bordo della loro VW Passat nuova di pacca?

Certamente no, ma allora resta da capire perché continuare a finanziare grandi opere che, oltre a non portare valore aggiunto al paese (se non a poche, gigantesche aziende), devastano il paesaggio e creano terreno fertile per il proliferare di infiltrazioni mafiose.

Giusto per fare un esempio, esattamente la metà della cifra prevista per l’ampliamento della rete autostradale in programma garantirebbe alle 28 principali aree urbane italiane di godere di un servizio di trasporto pubblico degno di questo nome, ovvero intervenire a supporto di quelle zone in cui viene prodotto l’80% del Pil nazionale e in cui, al momento, la vita dei pendolari è ridotta a un vero incubo.

Ancora una volta l’Italia continua a investire nell’automobile e nel trasporto su gomma, come se gli anni ’60 non fossero ancora finiti e la Fiat fosse ancora una promettente speranza dell’industria italiana, mentre l’Irisbus di Flumeri, unica azienda produttrice di autobus in Italia e chiusa ormai da quasi un anno, fosse solo un’inutile palla al piede di cui liberarsi senza remore.

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