Alla fine di marzo si riunirà per la prima volta il nuovo Parlamento italiano. Da quale scranno si alzerà qualcuno per chiedere che nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori vengano ripristinati i diritti dei lavoratori pre-riforma Fornero?
E mentre i nuovi parlamentari familiarizzeranno con l’incarico ricevuto, chi di loro pretenderà che si voti l’annullamento definitivo del surreale progetto del ponte sullo Stretto e che quei fondi vengano dirottati verso la prevenzione ambientale e per far fronte al dissesto idrogeologico?
Sapere come funziona la buvette di Montecitorio è importante, ma quale deputato, destreggiandosi tra un carpaccio di filetto con salsa al limone e un risotto con rombo e fiori di zucca, prenderà l’impegno che il primo atto del Parlamento sia risolvere il problema del conflitto di interessi?
E ci sarà qualcuno dei nuovi eletti che, festeggiando la settimana ultracorta dal martedì al giovedì, avrà la forza di chiedere che si voti la riduzione delle spese militari, ribadendo che dei caccia F-35 non ce ne facciamo un fico secco perchè l’Italia non ha bisogno di combattere nuove guerre?
Se continuiamo con questo andazzo, marcando un piccolo territorio pisciando qua e là scampoli identitari, certamente no. Abbiamo idee forti e largamente condivise nel Paese, perché non riusciamo a unirci in un fronte comune?
Mettiamoci attorno a un tavolo e scriviamo insieme le nostre proposte concrete, senza pensare di essere portatori di massimalismi di sorta, ma semplicemente perché siamo cittadini che non accettano che siano la finanza e i poteri forti a disegnare il nostro scenario futuro.
Anche perché, il vero potere forte siamo noi, ma solo se marciamo uniti. Perché la nostra ribellione non può essere ridotta a una fila di due ore per votare un candidato che, tanto lo sapevamo, alle primarie non avrebbe potuto vincere.
E adesso che faremo delle energie disperse in una competizione per noi inutile? Ma io questa volta voglio contare e so benissimo che, nel frammentato mondo della sinistra, tante cittadine e tanti cittadini la pensano come me.
Siamo stufi di assistere ai tentativi di chi guidato da personalismi e dal giochino delle alleanze, dimentica che solo un fronte unito può adottare i temi che nelle primarie non hanno trovato, né troveranno mai, cittadinanza. E allora, che fare? Uniamo tutte le persone di provenienza, età, professione e cultura diverse, che sono stufe di resistere senza reagire. Coinvolgiamo i giovani che protestano nelle piazze, le donne stufe della cultura maschile dominante, i lavoratori che difendono i loro diritti, i cittadini impegnati nelle lotte territoriali, gli ambientalisti e gli attivisti dei diritti.
Facciamo convergere tutto queste energie in un fronte comune che, con modalità partecipative innovative, dia voce alla voglia di riscatto e di coinvolgimento. Incanaliamo la nostra vitalità verso una progettualità che ci consenta di essere più efficienti abbandonando le scorciatoie burocratiche tradizionali, perché, in una situazione di emergenza come quella attuale, è necessario che ciascuno di noi faccia la sua parte, impegnandosi in prima persona, senza remore di sorta.
Non è concesso a nessuno di tirare i remi in barca perché è in gioco la difesa della nostra democrazia.