Poco più che diciottenne, nessun impiego fisso e un reddito da novemila euro dichiarato nell’ultimo anno. Profilo perfetto per chiedere un mutuo e farsi ridere dietro dalla banca. Eppure a Francesco Valle, classe 1990, riesce il miracolo. Nel novembre del 2009 chiede e ottiene da Barclays Bank un finanziamento di 129.600 euro per l’acquisto di un appartamento a Bareggio nell’hinterland di Milano. L’istituto di credito così tira fuori il denaro, a fronte di quali garanzie? Una semplice mail inviata dal funzionario, dove si legge che Francesco Valle “è di famiglia benestante” e che il ragazzo “ha già dato un acconto e il restante lo pagherà la famiglia”. Ma chi sono questi genitori così generosi? Per capirlo bisogna ripercorrere la storia criminale della ‘ndrangheta lombarda. Perché il giovane altro non è che l’erede della potente cosca Valle, i cui affiliati, nel luglio scorso, sono stati condannati in primo grado per associazione mafiosa. Per questo motivo, il tribunale delle misure di prevenzione con una storica sentenza depositata il 23 novembre scorso ha deciso non solo la confisca dell’appartamento, ma anche l’estinzione del mutuo, annullando la relativa ipoteca vantata dalla banca. Il bene, dunque, entra nella disponibilità dello Stato del tutto integro e può quindi essere subito monetizzato. Di contro l’operato di Barclays bank viene ritenuto dai giudici “in difetto di buona fede” perché “la banca non ha correttamente vigilato sull’operato dei propri funzionari e non ha predisposto adeguati passaggi di verifica per la concessione di un mutuo che non era d’importo proprio modesto”.
Nove rapporti censurati
L’elenco stilato dai giudici di Milano riguarda, oltre a Barclays, anche la Banca nazionale del lavoro, la Banca per la casa, Unicredit e il Credito bergamasco. In totale, nel provvedimento di confisca dei beni mafiosi, il tribunale ha disposto l’estinzione di mutui per 4 milioni e mezzo di euro. Denaro che in passato le banche hanno erogato alla cosca Valle e che da oggi non potranno più rivendicare. Va detto, poi, che la sentenza, analizzando tutti i rapporti bancari del clan, ne ha censurati nove. Per altri, infatti, è stata riconosciuta la “buona fede” dell’istituto e dunque, pur confermando la confisca, l’ipoteca viene mantenuta. In questo caso è lo stesso istituto a essere truffato dalla ‘ndrangheta. Come capita nella vicenda dell’acquisto della villa bunker di Bareggio, residenza blindata del vecchio capo cosca Francesco Valle, classe ’37. Qui il mutuo concesso da Unicredit viene chiesto e ottenuto da un prestanome che sulla carta è in grado di fornire credenziali sufficienti. A volte, poi, l’accensione del mutuo serve esclusivamente per riciclare denaro.
Sotto accusa i vertici delle banche
Non solo arresti, dunque. Ma anche aggressione dei patrimoni. Una svolta che i giudici hanno potuto mettere nero su bianco grazie al lavoro degli uomini della Squadra mobile di Milano che dopo gli arresti del luglio 2010 non si sono fermati, proseguendo le indagini sul fronte finanziario. E il risultato appare clamoroso. Visto che sotto accusa non finiscono solo i singoli funzionari corrotti, ma i vertici stessi delle banche. Si legge a pagina 126 della sentenza: “Tutte le volte che la concessione del mutuo è frutto di una decisione collegiale è evidente che i componenti del collegio sono chiamati a compiere le stesse verifiche del funzionario infedele”.
Il funzionario si mette a disposizione
Caso emblematico è quello della Banca nazionale del lavoro dove “non vi è stata soltanto la mala fede del singolo direttore dell’agenzia, ma una più diffusa situazione di affidamento colpevole dell’istituto di credito”. E così se da un lato sotto accusa finisce Vittorio Bricolo, funzionario della filiale di Bnl in piazza Firenze che si “mette a completa disposizione” della cosca, dall’altro la relazione di Banca d’Italia fa emergere “gravi carenze nell’organizzazione più generale della banca”.
Mutuo concesso, ma il fascicolo è vuoto
Eclatante, secondo i giudici, sono gli 800mila euro di mutuo fondiario concesso da Unicredit a Francesco Lampada, altro uomo della cosca, nonché fratello di quel Giulio Lampada, braccio finanziario della cosca Condello, capace, in pochi anni, di comprare i servizi di tre finanzieri, due giudici e un consigliere regionale. Anche in questo il tribunale delle misure di prevenzione rileva la mala fede dell’istituto bancario “che concede un ingente finanziamento a un soggetto poco più che trentenne senza acquisire alcunché di concreto” sulla sua attività lavorativa. Peraltro, fanno notare i giudici, il fascicolo che riguarda il mutuo è composto solo da un appunto scritto al computer da tale Renato che descrive Lampada come gestore di bar e tabaccherie. Altro non c’è se non una visura camerale di una sua impresa individuale. Si domandano allora i giudici: “Non si comprende sulla base di quali dati concreti i funzionari della banca abbiano considerata valida tale indicazione”.
Assenza di valutazione
In alcune vicende, poi, la distrazione degli istituti è a dir poco eclatante. A tal punto da archiviare fascicoli sui mutui completamente vuoti. Protagonista, ancora una volta, è Bnl e i rapporti finanziari con la Melfin sas di Melissa Cioci, ex moglie di un luogotenente dei Valle. Si legge nella relazione della Banca d’Italia: “Oltre il 60% delle posizioni procacciate da Melfin risulta ad oggi trasferito a partite anonime”. Di più: “Il fascicolo intestato alla s.a.s. è privo di documentazione utile a valutare il processo di entrata in relazione”. Secondo i giudici “non vi è stata alcuna seria valutazione da parte della banca”. Per la cronaca, una di queste relazioni riguarda un mutuo da circa un milione di euro per l’acquisto del ristorante “La Masseria”, definita dal giudice Giuseppe Gennari nella sua ordinanza del primo luglio 2010 “vera e propria base operativa del clan criminale capeggiato dai Valle”.