Il Servizio Sanitario Nazionale Italiano ha rappresentato nel 2010 un costo pari al 9,1 % del Pil contro l‘11,5 % della Francia, l‘11,2% della Germania e il 16,6% degli Stati Uniti.
Aggiungendo alla spesa pubblica per la sanità anche i costi sostenuti privatamente, il quadro non cambia, anzi si radicalizza, dato che in Italia, nel 2009 sono stati spesi in media 3.020 $ per cittadino, contro i 3.872 in Francia, i 4.072 in Germania e i 7.895 (settemilaottocentonovantacinque) negli Stati Uniti. Sempre nel 2009 l’Italia è stata preceduta, per la spesa pro capite in sanità anche da Svizzera, Norvegia, Lussemburgo, Danimarca, Canada, Austria, Belgio, Irlanda, Svezia, Islanda, Australia, Regno Unito, Finlandia, collocandosi sotto la media di spesa pro capite dei paesi dell’OCSE.
Ascoltando quel che si dice da chi ha avuto a che fare con l’assistenza sanitaria degli altri paesi, il servizio che si riceve in Italia non è affatto da disprezzare, anche se ci sono livelli di efficienza e di eccellenza molto diversi tra Nord e Sud, tra l’altro in modo spesso inversamente proporzionale ai costi sostenuti da ciascuna regione.
Un ulteriore pregio, rispetto ad altre nazioni – segnatamente gli Stati Uniti – è che la nostra assistenza è garantita a tutti i cittadini.
Tutto ciò dovrebbe dare una sostanziale tranquillità relativamente alla sostenibilità del SSN e soprattutto convincere chi governa che se si deve perseguire doverosamente la maggiore efficienza possibile, lo si deve fare mantenendo inalterata la struttura portante del sistema, che si dimostra meno oneroso e più efficace di quelli di altri paesi.
Migliorare l’efficienza mantenendo inalterata la struttura significa gestire al meglio, attraverso appropriati e oculati interventi di Governo, gli apparati pubblici della sanità, istituendo sistemi di valutazione della performance, imponendo tagli dove le spese sono palesemente fuori controllo e supportando invece quelle regioni che si presentano più efficienti. Ciò richiede, come sarebbe suggeribile in qualsiasi area di Governo, capacità di analisi, comprensione del problema – cioè bisogna conoscere la materia di cui si parla – tenacia e disciplina, perseveranza, capacità di controllo, fuoco su quale sia la missione da compiere; l’esatto contrario di un approccio non analitico – tagli generalizzati -, poca conoscenza delle problematiche, proclami non seguiti da fatti congruenti, assenza totale di una missione, intesa come obiettivo per la collettività.
Mario Monti ha invece lanciato ieri un allarme in tema di SSN dichiarando che “La sostenibilità futura dei sistemi sanitari nazionali, compreso il nostro di cui andiamo fieri potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento per servizi e prestazioni“; dichiarazione un po’ ermetica perché Monti non ha dato alcun lume su cosa abbia in mente quando menziona nuove modalità di finanziamento.
Qualche spiraglio sul pensiero non rivelato di Monti potrebbero aprire le dichiarazioni di altri; per esempio quelle del Senatore Tomassini, presidente della commissione sanità del senato, il quale ha commentato le dichiarazioni di Monti indicando come, a suo parere, le nuove modalità di finanziamento potrebbero essere le assicurazioni integrative; insomma: un modello all’americana che, come ho detto sopra, costa il triplo del nostro e funziona peggio. Preciso di non essere contrario alle assicurazioni integrative, ma che le stesse, se vanno bene per assicurarsi verso i ticket sanitari sempre crescenti e per coprire piccoli interventi se eseguiti privatamente, sono assolutamente inadeguate per i medi e grandi interventi; vengo fresco dall’esperienza di essermi sentito preventivare 41.000 € da una clinica privata per un intervento che la migliore delle mie due assicurazioni rimborsa per un massimo di 16.000 € e quindi credo di sapere bene di cosa sto parlando.
Un altro spiraglio potrebbe venire dalle dichiarazioni del successore di Monti nel ruolo di Rettore della Università Bocconi, Guido Tabellini, che in un convegno del 10 luglio 2012 aveva dichiarato che “la sanità è fra le cose che occorre privatizzare sempre più per alleggerire il carico dello stato”
Né Tomassini, né Tabellini, né tantomeno Monti hanno circostanziato in alcuna maniera le proprie enunciazioni, cioè non hanno spiegato razionalmente perché a fronte dei numeri di cui parlavo all’inizio, sia necessario andare a sovvertire il SSN anziché farlo funzionare al meglio.
Ipotesi possibili – ciascuno giudichi quali e quanto verosimili – potrebbero essere:
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Perché spostare costi dallo stato ai privati, senza ridurre il carico fiscale, fornisce ulteriore liquidità allo Stato che può poi usarla per ridurre il debito e per dirottare le risorse su altre voci di spesa che non vuole o riesce a comprimere.
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Perché ciò piacerebbe molto alle Società assicurative, specialmente se, similmente alle assicurazioni auto le polizze integrative venissero rese obbligatorie.
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Perché questo Governo si rende conto che le sue politiche recessive comprimeranno a tal punto il PIL da far emergere anche la sanità come un costo insostenibile.
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Perché in una visione liberista estrema non c’è cittadinanza per nessun intervento dello Stato.
I “Monti boys” apprezzeranno l’uscita di ieri trovandovi motivi per sostenere di più la necessità del Monti bis; gli elettori dovrebbero invece a mio avviso sforzarsi di immaginare come e con che costi verrebbero mediamente assistiti da un sistema sanitario privatizzato e basato su assicurazioni, rispetto a ciò che hanno oggi, magari informandosi bene su ciò che succede negli Usa.
Dopo di che, ciascuno, se vuole, tragga le sue conclusioni elettorali, nelle primarie e nelle elezioni nazionali.