Il finanziamento che oggi politicamente imbarazza di più Pier Luigi Bersani risale a sei anni fa ed era stato rivelato nel 2008 sull’Espresso da chi scrive, insieme con Primo Di Nicola. Solo nell’agosto 2012, in occasione dei primi provvedimenti giudiziari sull’Ilva, il contributo di 98 mila euro di Riva era stato ritirato fuori come arma polemica contro Bersani nello scandalo tarantino, prima da Antonio Di Pietro e Beppe Grillo e poi più di recente da Matteo Renzi. Quei 98 mila euro donati dal gruppo che controlla l’Ilva a Bersani in occasione della campagna elettorale del 2006 erano già imbarazzanti allora, perché accettati nonostante Emilio Riva avesse già subito una condanna (per reati più lievi di quelli che oggi lo hanno portato agli arresti domiciliari) e fosse finito nuovamente sotto processo per inquinamento.

Diventano un macigno ora che il giudice per le indagini preliminari di Taranto ha spedito agli arresti domiciliari il patron del gruppo, Emilio Riva, di 86 anni. Un macigno politico, soprattutto, perché dagli atti è emersa la lettera scritta dal vecchio Riva in persona a Bersani nel settembre del 2010 per chiedere di allentare la pressione mediatica sul gruppo Riva favorita anche dagli interventi dell’ambientalista del Pd, Roberto Della Seta, il quale ha negato qualsiasi pressione del segretario su di lui. Per studiare meglio i finanziatori ufficiali delle attività politiche di Pier Luigi Bersani, Il Fatto ha consultato gli elenchi pubblici depositati presso la Camera dei Deputati dove sono riportati tutti i contributi elargiti dai finanziatori di Pier Luigi Bersani nelle campagne elettorali più recenti (2006 e 2008) e anche negli anni precedenti quando ancora esisteva l’obbligo di registrare tutte le donazioni anche sotto la soglia dei 50 mila euro.

Si scopre così che l’associazione di categoria della quale fa parte il gruppo Riva, Federacciai, ha donato 110 mila euro in 4 anni a Bersani. Nel 2004 dona 20 mila euro. Altri 50 mila euro arrivano nel 2006 e Federacciai non si dimentica dell’ex ministro dell’Industria e dello Sviluppo economico neanche nella campagna del 2008 quando dona appena un po’ meno: 40 mila euro. L’associazione padronale che ha versato questi 110 mila euro all’attuale leader del Pd annovera, ovviamente, i Riva tra i suoi membri più influenti, accanto ad altre famiglie d’acciaio come gli Amenduni e i Marcegaglia. Il figlio di Emilio Riva, l’ex presidente Ilva per il quale il pm aveva chiesto l’arresto però rigettato dal Gip, Nicola Riva, è tuttora il vicepresidente della Federazione mentre il nipote Cesare Riva è il presidente dell’associazione di comparto. L’altro figlio, quel Fabio Riva che è irreperibile da ieri e sul quale pende un’ordinanza di arresto, stavolta in carcere e non ai domiciliari, è stato per molti anni vicepresidente di Federacciai.

Pier Luigi Bersani ovviamente poteva lecitamente accettare i soldi dei padroni dell’acciaio come Emilio Riva, che però poteva poi legittimamente scrivergli una lettera confidenziale per chiedergli un intervento sulla questione Ilva, cosa che i malati di tumore o i cittadini pieni di polvere del quartiere Tamburi di Taranto forse non hanno mai fatto, non potendo vantare un versamento così cospicuo alle casse del segretario. Se si scorrono i nomi delle imprese che hanno sostenuto (lecitamente) negli anni passati Bersani si scoprono altri contributi che, come quello di Riva, con il senno di poi sono imbarazzanti. Per esempio i 20 mila euro ricevuti nel 2004 dalla Interconsult di Franco Pronzato, arrestato nel 2011 per corruzione in relazione alla vicenda delle mazzette Enac, genovese, già responsabile trasporto aereo del Pd, un uomo molto legato a Bersani del quale era consigliere al ministero per il settore dei trasporti.

Nel 2008 Bersani ha ricevuto 5 mila euro anche dalla società assicurativa genovese Italbroker di Franco Lazzarini, uomo vicino da un lato a Massimo D’Alema e dall’altro lato in ottimi rapporti con Lorenzo Borgogni, al punto che l’ex direttore centrale di Finmeccanica ha raccontato ai pm di avere incassato proprio da Italbroker ben 2 milioni di euro, un affare discutibile dal punto di vista dell’etica pubblica anche se lecito per i magistrati. Per il resto Bersani conferma il suo profilo di uomo di sinistra che piace ai padroni che effettuano donazioni ai partiti senza guardare troppo allo schieramento per garantirsi buoni rapporti bipartisan. Era questo il caso di Riva che ha donato con generosità a Forza Italia, 575 mila euro dal 2004 al 2006, più 50 mila euro nel 2006 versati da Federacciai a Forza Italia di Imperia, feudo di Claudio Scajola. Ed è questo il caso per esempio della società israeliana Telit che aveva donato poco meno di 20 mila euro a Maurizio Gasparri nel 2006 e ne dona 10 mila a Bersani nel 2008.

Nell’ultima campagna elettorale Bersani riceve 10 mila euro dal Comitato Nazionale Caccia e Natura (che gli aveva già donato 15 mila euro nel 2006), altri 10 mila euro dalla Engineering Ingegneria Informatica, e 20 mila euro dalla Pittaluga Servizio Container di Genova. Altri 20 mila euro Bersani li ha incassati dalla Siram Spa, una società che si occupa di energia e appartiene a una multinazionale francese e che però vantava rapporti di affari anche con Stefano Bonet, incappato nell’inchiesta sull’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito. Infine ci sono i 15 mila euro donati dalla Modena Fiere. Non sono presenti nella lista dei contributi versati per la campagna delle elezioni del 2008 i tradizionali finanziatori di Bersani, come Air One del gruppo Toto che aveva donato 20 mila euro nel 2004 e altri 40 mila euro nel 2006 (nonostante fosse in causa con le organizzazioni dei lavoratori per condotta anti-sindacale) o le coop rosse, che nel 2006 avevano donato poco meno di 100 mila euro, o il Gruppo Gavio che aveva donato 12 mila e 500 euro a Bersani nel 2004.

da Il Fatto Quotidiano di mercoledì 28 novembre 2012

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