Il presidente francese ha incontrato ieri Lakshmi Mittal, proprietario del più grande impero siderurgico del mondo. Il gruppo vuole chiudere i due altiforni di Florange per venderli e tenere la parte a freddo. Il governo chiede tempo e minaccia la nazionalizzazione dell'intero polo
François Hollande sta cercando di salvare la Taranto francese. Con le buone e con le cattive. Ieri sera si è incontrato all’Eliseo con Lakshmi Mittal in persona, il magnate indiano, proprietario del più grosso gruppo siderurgico al mondo (ArcelorMittal), per discutere del futuro del polo di Florange, in Mosella. Da quanto riferito dall’entourage del Presidente, gli scambi sono stati «diretti» e l’atmosfera era all’insegna «della fermezza sia da una parte che dall’altra». Hollande non ha esitato a minacciare un esproprio, una vera e propria nazionalizzazione degli altiforni.
La storia è complessa. Nel 2006 Mister Mittal riuscì a prendere il controllo del gruppo franco-lussemburghese Arcelor-Mittal, con l’impegno a investire e valorizzare gli impianti. In realtà così non è stato, anche a causa della crisi economica, in particolare dell’industria dell’auto: nella fornitura di questo comparto ArcelorMittal è leader mondiale assoluto. Già nel marzo del 2009, ancora nella Mosella, nell’Est del Paese, nonostante un braccio di ferro con Nicolas Sarkozy, venne chiuso l’impianto di Gandrange, proprietà di ArcelorMittal. E lo scorso primo ottobre il colosso indiano ha annunciato anche la chiusura definitiva dei due altiforni del polo di Florange (650 addetti). In realtà gli indiani vogliono conservare la parte a freddo del complesso, dove fabbricano i prodotti per l’industria dell’auto, e che viene alimentata dall’area a caldo che possiedono a Dunquerque, ancora in Francia.
L’idea di Lakshmi Mittal era semplicemente chiudere i due altiforni e impedire che i concorrenti potessero acquisirli. Da sottolineare: il polo di Florange ancora oggi, considerato nella sua totalità e nonostante la crisi, non è in perdita. E così a quel momento è intervenuto il governo francese. Ha strappato a Mittal un periodo di due mesi per trovare un acquirente per i due altiforni (nel frattempo ArcelorMittal ha deciso anche di vendere la cockeria). La scadenza (il primo dicembre) si sta avvicinando. Nei giorni scorsi Arnaud Montebourg, ministro del Riassetto produttivo, colui che deve frenare la rapida deindustrializzazione francese, ha assicurato che due gruppi sarebbero interessati. Ma comprerebbero solo se tutto il polo, compresa la parte a freddo, fosse in vendita. Nessuna rivelazione ufficiale sui nomi. Ma nei media francesi ne girano alcuni da giorni: il colosso russo Severstal, la francese Ascométal, gli indiani di Tata Steel e addirittura la famiglia Riva, anche se sembra assai improbabile.
Il problema è che gli indiani non accettano di vendere tutto il complesso di Florange. Già nei giorni scorsi Montebourg aveva minacciato una possibile nazionalizzazione, che sarebbe in realtà temporanea. Lo Stato francese diventerebbe proprietario degli impianti assieme all’acquirente e poi, dopo una fase transitoria, gli cederebbe la sua parte. Montebourg era arrivato addirittura a dichiarare che «noi i Mittal in Francia non li vogliamo più». L’affermazione ha scatenato diverse polemiche (nel Paese ArcelorMittal controlla in tutto sette altiforni e ha 20mila dipendenti). E anche in India, dove gli internauti si sono scatenati in accuse di razzismo nei confronti dei francesi.
Ora, però, è il presidente in persona ad avere avanzato la possibilità di un esproprio dinanzi a Lakshmi Mittal. Lui, 62 anni, è il classico miliardario indiano che si è fatto dal nulla (tutto è iniziato da una piccola e antiquata acciaieria del padre). E’ attualmente il ventunesimo uomo più ricco del mondo. Ma ArcelorMittal va male: il gruppo è gravato da un debito di 18 miliardi di euro. Fama di spregiudicato, mister Mittal non cederà facilmente. D’altra parte, già vengono avanzati dubbi sulla possibilità o almeno le condizioni (quali indennizzi per gli indiani?) di un’eventuale nazionalizzazione. Oltre al fatto che un evento del genere potrebbe frenare non poco la voglia dei gruppi stranieri di investire in Francia. Ma intanto la scadenza del primo dicembre si avvicina.